mercoledì 23 dicembre 2009

Meccanica quantistica e coscienza.



Volevo chiederle se mi consigliava delle letture sulla meccanica quantistica:
avevo cominciato a leggere "Il programma dell'universo" di Seth Lloyd, solo che è più collegato alla computazione che alla fisica quantistica in sè.
Altra opera che sto leggendo è Q.E.D di Richard Feynman.
Vorrei leggere qualcosa che parli solo di fisica quantistica, per
avere un quandro un po più chiaro.
Inoltre la mia idea era quella di collegare la tesina con biologia
parlando di come il cervello risponda alle leggi della fisica quantistica (Penrose: "La mente dell'imperatore): è troppo azzardata?
Mille Grazie.

Paolo




Caro Paolo

Per quanto riguarda qualche approfondimento di meccanica quantistica, in Italiano, posso consigliarti dei testi universitari ON LINE:

1) Sigfrido Boffi Da Laplace a Heisenberg (Università di Pavia):

http://www.pv.infn.it/~boffi/libro.html

2) Furio Ercolessi e Stefano de Gironcoli appunti di meccanica quantistica (Università di Udine e SISSA):

http://www.fisica.uniud.it/~ercolessi/MQ/mq/

3) E. Bodo Applicazioni di meccanica quantistica (Università di Roma Tre)

http://w3.uniroma1.it/bodo/dispense/appl.pdf

4) I fondamenti della meccanica quantistica (Università di Firenze):

http://theory.fi.infn.it/ademollo/Fondamenti.pdf

5) Appunti di Meccanica Quantistica non relativistica

http://dl.dropbox.com/u/714247/quantistica.pdf

Per quanto riguarda invece la teoria di Roger Penrose, già confutata da Max Tegmark, che in uno scritto pubblicato sulla rivista Physical Review E ha calcolato che la scala di tempo di attivazione ed eccitazione di un neurone nei microtubuli è più lento del tempo di decoerenza per un fattore di almeno 10.000.000.000; ti segnalo un articolo dell’11 Marzo 2009:

http://lescienze.espresso.repubblica.it/articolo/Vita_dura_per_la_coscienza_quantistica/1337460

Vita dura per la coscienza quantistica

Una ricerca mostra che i condensati di Fröhlich non servono per spiegare la coscienza, ma scopre al contempo che essi possono avere interessanti applicazioni in campo biochimico

La comprensione della coscienza e dei suoi fondamenti biologici e fisici è ben lontana dall'essere raggiunta: molti ritengono che le teorie classiche non siano in grado di darne conto e diversi ricercatori hanno ipotizzato che la meccanica quantistica vi abbia un ruolo centrale.

Una delle più note teorie della "mente quantistica" è quella proposta da Roger Penrose e Stuart Hamerhoff, nota come teoria della "riduzione obiettiva orchestrata" (o teoria Orch OR, da orchestred objective reduction).

La teoria ipotizza che i microtubuli cellulari possano funzionare da elementi di calcolo quantistico. All'interno dei microtubuli la coerenza di stati di sovrapposizione quantistica viene mantenuta fino al collasso della funzione d'onda. Normalmente una funzione d'onda collassa in seguito a una misurazione, ma si suppone che il collasso non avvenga finché la sovrapposizione quantistica resta fisicamente separata all'interno della geometria spaziotemporale, detta riduzione obiettiva. Quando un'area di coerenza quantistica collassa, si avrebbe un istante di coscienza.

La causa fisica dell'attività coerente nei microtubuli, secondo Penrose e Hamerhoff, potrebbero essere i "condensati di Fröhlich", che analogamente ai condensati di Bose-Einstein sono sistemi con un'unica proprietà collettiva di coerenza quantistica macroscopica. Nei condensati di Fröhlich diversi "oscillatori" in vibrazione possono raggiungere uno stato ordinato altamente condensato, vibrando in risonanza.

I condensati di Fröhlich non sono stati peraltro mai osservati sperimentalmente in modo certo, a dispetto di 40 anni di intensa ricerca. Ora, come è riferito in un articolo in via di pubblicazione sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS)("Weak, strong, and coherent regimes of Fröhlich condensation and their applications to terahertz medicine and quantum consciousness.", di Jeffrey R. Reimers; Laura K. McKemmish; Ross H. McKenzie; Alan E. Mark; and Noel S. Hush), ricercatori dell'Università di Sidney e dell'Università del Queensland, in Australia, hanno studiato le proprietà fondamentali dei condensati di Fröhlich nel tentativo di determinare il miglior metodo sperimentarle che potrebbe consentire di osservarli.

Lo studio ha mostrato che per formare condensati di Fröhlich coerenti sono necessarie energie e temperature molto elevate (anche di cento milioni di Kelvin), e che quindi essi non possono esistere nei sistemi biologici, almeno della forma ipotizzata dalla teoria Orch OR.

Tuttavia, i condensati di Fröhlich potrebbero avere di verse applicazioni. I ricercatori hanno infatti scoperto che i condensati "deboli" di Fröhlich possono avere effetti significativi sulle proteine e potrebbero spiegare l'azione degli enzimi in termini di eccitazione di modi vibrazionali, come Fröhlich aveva originariamente proposto.

Del resto, secondo Riccardo Calantropio, il fondatore della mia scuola di pensiero, vi sono diversi tipi di COSCIENZA che coesistono, come in un ambiente windows, in uno stesso cervello: “ La coscienza del conscio, la coscienza dell’inconscio, la coscienza collettiva di gruppi di inconsci, etc.”

Un caro saluto

Alessandra

lunedì 21 dicembre 2009

Spazi inviolabili



A volte mi sono chiesta se esistono veramente i cosiddetti "spazi inviolabili"; e non ne ho mai identificato qualcuno veramente tale. Forse lo è almeno la nostra anima?

Elisabetta


Cara Elisibetta,
prendo spunto dal sito: http://www.wellnessflowers.it/content/view/25/38/

"Il territorio in natura è uno spazio che si percepisce come proprio e dove ci si sente al sicuro. Chi non è in grado di accaparrarsi uno spazio vitale vive in uno stato di perenne allerta, che gioco forza si traduce in diffidenza verso il prossimo visto come un competitor all'occupazione del territorio o come usurpatore. Un conflitto di territorio procura un profondo disorientamento che sfocia in vari squilibri.
Come pionieri quando veniamo al mondo cerchiamo il nostro spazio vitale, il territorio ove manifestare il nostro ego e costruire la nostra identità. I confini del corpo, come i muri della nostra casa e anticamente il territorio di caccia e di insediamento del clan, sono spazi inviolabili. Bisogna imparare a difendere il proprio spazio vitale affermando la propria identità. Il modo di intendere il territorio è diverso tra femmina e maschio. A livello ancestrale nelle strutture patriarcali come la nostra, il territorio per la donna è rappresentato dal nucleo famigliare (nido), mentre per l'uomo è esteso all'affermazione di sé nella società (branco).

Lo spazio vitale è come ci percepiamo, se abbiamo una buona considerazione di noi stessi esso ci soddisferà, se ci sentiamo svalutati lo vedremo indifeso e insoddisfacente. Spesso si cade nell'errore di misurare noi stessi rapportandoci a quanto ci valutano gli altri, così cerchiamo di ottenere l'approvazione di chi ci circonda mettendo in secondo piano il nostro volere.

La difesa dello spazio vitale implica il rispetto per il nostro corpo fisico, per le nostre emozioni, i nostri desideri, i nostri bisogni e l'ambiente in cui viviamo."


Quanto sopra descritto identifica i NOSTRI SPAZI INVIOLABILI, ma non nel senso che SONO IMPOSSIBILI DA VIOLARE, ma nel senso che per noi non devono essere violati, pena una perdita del nostro equilibrio psicofisico.

Per quanto riguarda la tua domanda se esista un nostro spazio VERAMENTE INVIOLABILE, credo che tu abbia ragione: niente di materiale è veramente inespugnabile. E la nostra anima, invece? Bella domanda la tua. Per rispondere, però, dobbiamo prima chiederci se esiste veramente un’anima e che cos’è.
Sicuramente è più semplice dire che cosa NON E’.
1) Non è il NOCCHIERO DEL CORPO come teorizzava Sant’Agostino (basta applicare il paradosso della Nave di Teseo, immaginando di partire da due esseri umani e di trapiantare le cellule dell’uno nell’altro, e viceversa, gradatamente. Dove si troverà alla fine del processo, l’anima del primo uomo e dove quella del secondo; e dove si troveranno a metà del processo di trapianto?)
2) Non è quel QUID IMMATERIALE che decide per noi (siamo pesantemente influenzati dallo stato di salute del corpo e da eventuali droghe e psicofarmaci).
3) Non è un qualcosa che prima di incarnarsi aveva una MEMORIA, come teorizzava Platone (tutte le MEMORIE CONOSCIUTE in natura hanno bisogno di supporti fisici su cui registrare le informazioni per poi riprenderle).

Per i cristiani, l’anima è un dono di Dio che si riceve alla nascita, ma se serva anche a gestire la nostra vita terrena NON SI CAPISCE COME, IN CHE MODO e se sia indispensabile per essa.

Forse sopravviverà al nostro corpo, portando con se i nostri ricordi, i nostri meriti e le nostre colpe; ed esistono delle recenti teorie che non escludono la risurrezione del corpo e dei ricordi della vita vissuta.

Però, anche in questa visione della realtà, i ricordi NON SONO PROPRIO INVIOLABILI.
La conclusione sembra, quindi, essere che NON ESISTE IN NOI NIENTE DI VERAMENTE INVIOLABILE, e sta a noi cercare di conquistare, difendere e di salvaguardare i NOSTRI SPAZI (sia del nostro corpo, sia dei nostri pensieri, sia dei nostri diritti morali e materiali) nel migliore dei modi e senza violare gli spazi altrui.

Come fare? La natura e la storia ci insegnano che dobbiamo stringerci in comunità altruistico-sociali, possibilmente democratiche, in cui le comunità intere, anche a livello di nazioni, e di organismi internazionali (come l’ONU) si prendano cura della difesa dei nostri singoli SPAZI INVIOLABILI. E per far questo dobbiamo rinunciare a un po’ del nostro egoismo, e cooperare ed aiutare i più bisognosi, in modo che tutti ci possiamo sentire veramente fratelli e sorelle, e facenti parte, a tutti i livelli, di una famiglia umana unita.

Un caro saluto
Alessandra

domenica 13 dicembre 2009

Emozioni e carità.



Vorrei porre una mia questione personale che non so come risolvere. I miei genitori sono separati, ed io ho vissuto quasi sempre con mia madre, con cui ho avuto un pessimo rapporto. Non vi era intesa e spesso mi alzava anche le mani. Veniva stanca dal lavoro e si sfogava su di me e non c’era nulla che gli andava bene di quello che facevo. A volte mi ha allontanato anche da casa ed andavo a stare per un po’ di tempo con mio padre. Dopo un po’, però, mi chiedeva di ritornare, scusandosi per il suo comportamento e giurandomi che non sarebbe mai più successo. Con tutta la mia buona volontà la situazione non è mai cambiata e mio padre ha deciso di tenermi definitivamente con lui. E’ passato così più di un anno senza avere più contatti con lei; ma da circa un mese sta cercando di riallacciare i rapporti.
Ora, io non ci riesco più. Se la vedo o le parlo per telefono, dentro di me sento che cambia qualcosa che mi irrigidisce. Provo quasi una rabbia e mi rivengono alla mente tanti episodi del passato in cui ho sofferto per colpa sua.
Allora mi chiedo se vi sono dei metodi per superare questo mio blocco e questi miei sentimenti negativi. Ho parlato con altri parenti ed amici che non mi comprendono fino in fondo; e questo mi fa stare ancora più male. Potrebbe darmi una risposta in merito? …… Forse avrei bisogno del giudizio di un arbitro non coinvolto nella mia storia personale.
Roberto

Caro Roberto,
penso di comprendere il tuo travaglio interiore. Voglio partire dal POST di “Verità a Confronto”:
http://nuoveteorie.blogspot.com/2009/02/ama-il-prossimo-tuo-come-te-stesso-si.html
dal titolo: AMA IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO. Si può comandare l’amore?

Il comandamento «Ama il prossimo come te stesso» (Lv 19,18) era già presente nel vecchio testamento. Nel precetto del Levitico, scritto in greco, però, il verbo amare REGGE ECCEZIONALMENTE IL DATIVO. Ciò avviene perché ha a che fare con l'operatività. Il comandamento, infatti, significa: AGISCI amorosamente verso il tuo prossimo. Se traduciamo, allora, il comandamento come AGISCI caritatevolmente, lo collochiamo nell’ambito del LIBERO ARBITRIO, della VOLONTA’ e quindi della RAGIONE. Con questa interpretazione non vi è l’alibi di non riuscire, a volte, ad amare il prossimo. Con la ragione puoi importi di rispettare la legge umana o divina (ovvero agire con carità) anche se i tuoi sentimenti irrazionali inconsci sono momentaneamente contrari.

Si, le emozioni e i sentimenti appartengono alla sfera inconscia e non si possono comandare con la ragione. Per cui hai perfettamente ragione quando “ti senti strano dentro”. Le emozioni sono legate ai ricordi, e per te sicuramente brutti ricordi. E’ facile per gli altri dire che hai torto. Se non si provano anni ed anni di traumatiche esperienze non si può comprendere quello che provi. Io non ti chiedo, quindi, di far finta che nulla sia successo, ma di PROVARE pian piano ad AGIRE per tentare una riconciliazione. Per far questo devi cercare di far prevalere la tua parte razionale. Devi considerare tua madre come “un’ammalata”, come anche lei “una vittima” probabilmente di una separazione che non ha mai accettato fino in fondo (indipendentemente da chi è la colpa); ovvero devi cercare di avere CARITA’ verso di lei. La CARITA’ si deve avere verso coloro che hanno bisogno (e non verso il prossimo in generale); e tua madre, anche se può avere tutte le colpe, ha bisogno di carità.

Forse, se prendi il problema sotto questo aspetto, come un atto altruistico in senso evangelico, potrai pian piano mitigare le tue emozioni negative, frutto di tanti ricordi dolorosi. Certo, non sarà facile, ed hai tutta la mia comprensione; ma sono altrettanto sicura che anche tu soffri di questo stato di cose, perché credo, da quanto mi hanno detto persone che ti conoscono tu sei una brava e buona persona, degna di ogni rispetto.

Perdona, quindi, anche coloro che ti criticano. Non sanno bene quello che dicono; ma prendi le loro parole come un atto altruistico verso di te, poiché capiscono, almeno, che anche tu soffri di questo stato di cose.

Le emozioni e i sentimenti si possono allenare con costanza e fiducia. Non ti chiedo, quindi, di cambiare atteggiamento da un giorno all’altro; ma di TENTARE e di tentare più di una volta. L’importante, nella vita, non è NON CADERE, ma avere la forza di RIALZARSI OGNI VOLTA con buona volontà. Sono convinta che ci puoi riuscire. Certo, non sarà indolore, ma ne varrà la pena.

Se, vorrai pormi altre domande, sono a tua disposizione e potrai contare su di me. Ti ringrazio per il tuo coraggio e per il tuo altruismo che hai avuto nel far pubblicare questa tua lettera, perché credo che potrà servire a tanti altri.

E, parlando in termini generali, le colpe difficilmente sono solo da una parte; per cui se qualcuno dei lettori si trovasse in condizioni similari dovrebbe fare, anche, un approfondito esame di coscienza al fine di individuare eventuali proprie mancanze nel rapporto incrinato. Anche il riconoscere i propri errori serve a risolvere meglio la propria situazione emotiva.

Un caro ed affettuoso saluto
Alessandra

mercoledì 9 dicembre 2009

Sogni premonitori, veggenze e profezie.



Alcune volte mi è capitato di fare dei sogni che poi si avveravano; e sembra che anche mia nonna aveva questa qualità. Però mi chiedo, ammesso che sia possibile che si riesca a vedere in qualche modo il futuro, come si può conciliare questo con il nostro libero arbitrio?

Michele


Caro Michele,
tutti i testi sacri e molti altri testi sono pieni di profezie, veggenze, divinazioni e sogni premonitori. Trovare dei riscontri è invece sempre difficile. Vi è, però, in questo campo, una categoria di professionisti privilegiati, e parlo degli psicoanalisti, di cui Sigmund Freud è stato il capostipite, che sono degli osservatori e dei testimoni credibili e al di sopra di normali sospetti.
Riporto, quindi, alcuni brani di un articolo della rivista “Scienza e Psicoanalisi” del Giugno del 2001:
http://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/editoriale/articoli/edi4.html


"…….una delle verifiche più importanti che ha luogo in micropsicoanalisi, si ottiene utilizzando i supporti tecnici (studio delle fotografie, studio delle piantine delle case, approfondimento del dato storico e genealogico) e specialmente lavorando sul materiale tratto dall'applicazione di quella modalità tecnica che viene indicata con il nome di «visita dei luoghi».

Sovente, l'analizzato, durante le sedute successive a tale studio e alla visita dei luoghi dove ha passato la sua infanzia, l'adolescenza e anche la vita adulta, oppure durante la visita dei luoghi della sua filogenesi (gli insediamenti dove abitavano i suoi antenati) riporta in seduta fatti che se si usassero categorie usuali di spiegazione, potrebbero essere interpretati solo facendo ricorso ad un concetto ben opinabile: la telepatia.

Le associazioni di seduta, nel periodo che segue la visita, vertono sullo stupore che qualche parente completamente all'oscuro di tali procedure (la madre per esempio) abbia spontaneamente iniziato a parlare di fatti avvenuti in quella o quelle case, che i giorni precedenti, erano state l'oggetto della visita. La cosa ancora più interessante è che in quei giorni o in quella, o quelle settimane, SI FACCIANO SENTIRE O VEDERE, in modo diretto o indiretto, (visite, telefono o altri mezzi di comunicazione) PERSONE CHE IN EPOCHE DIVERSE DELLA VITA DEL SOGGETTO, erano state depositarie di traslazioni (transfert) che ripetevano rapporti con elementi (persone, fatti, etc.) accaduti durante il periodo in cui il soggetto viveva in quella determinante casa visitata.

Anche se sembra assolutamente irreale, il fenomeno ci porta a pensare che la raccolta dei dati rappresentazionali-affettivi che avviene durante la visita metta in moto processi energetici che tendono a far entrare nella forma ripetitiva, anche altri oggetti in quanto rapporti transferali esistenziali, che sono costretti (le motivazioni sociali sono spesso inconsistenti) ad interagire inconsciamente con la situazione creatasi durante la visita dei luoghi.

Per dirla in modo più chiaro, esiste una situazione omeostatica del sistema inconscio-preconscio-conscio che regola i rapporti tra gli elementi della forma, servendosi della continuità del vuoto. La visita dei luoghi che fa da resto diurno alle attività dell'inconscio, mette in moto processi che si specificano nel secondario e, per esempio, il signor o la signora tal dei tali, che in epoche successive sono entrati nella storia transferale del soggetto, come in una «piece» teatrale sono inconsciamente «scritturati» per partecipare alla vicenda esistenziale del soggetto stesso. E’ un fenomeno molto simile a quello per il quale un personaggio conosciuto o sconosciuto entra a fare parte della nostra vita onirica.

Certamente tutto questo discorso diventa follia………”


Ovvero, la visita dei luoghi dell’infanzia mette in moto dei PROGETTI o DEI SOGNI COLLETTIVI, a livello inconscio, che poi spingono inconsapevolmente alcune persone a farli AUTOAVVERARE nella realtà. Analogamente, a quello che avviene nei SOGNI PREMONITORI. Non stiamo qui a disquisire in che modo questi processi avvengono (NON LOCALISMO, vibrazioni del DNA, etc.), ma constatiamo che coinvolgono più inconsci contemporaneamente in modo correlato. Da qui, sembra logico ritenere che anche i sogni premonitori possano coinvolgere gli INCONSCI di più persone (anche se arrivano alla coscienza solo di una), ma poi spingono sia il sognatore e sia altri a realizzarli. Quindi, nulla di metafisico o spirituale. E risolvono, inoltre, la secolare contraddizione tra PREVISIONE DEL FUTURO e LIBERO ARBITRIO, in quanto si tratterebbe solo di un futuro progettato, ma che il LIBERO ARBITRIO potrà sempre modificare, in diversi modi.

Per la cronaca, questo articolo fu sottoposto al CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), ma non si ottenne alcuna risposta. Una delle critiche che si muove ai metodi di indagine del CICAP consiste nel fatto che pretende di indagare su problemi di tipo inconscio, in modo sperimentale, esaminando le azioni volontarie di soggetti che si autodefiniscono sensitivi. Metodo errato, dal momento che la coscienza non può influire nel comandare il proprio inconscio.

La teoria sulla possibilità che più inconsci possano venire coinvolti in un progetto che poi si AUTOAVVERA è solo una parte di quella più generale della mia scuola di pensiero. La teoria prevede, tra l'altro, che prima di morire, ogni MENTE umana invii (ad esempio quando si è in coma e si vede un tunnel e la vita scorrere all'indietro) alla rete degli inconsci i suoi ricordi più significativi, che vengono registrati in strati profondi di altri inconsci e da qui essere poi ripresi, spiegando anche fenomeni come le sedute spiritiche in cui si crede di parlare con i defunti e le pseudo-reincarnazioni. Una specie di memoria storica di tutta l'umanità, collegata come in una rete internet. Questo spiegherebbe anche come delle profezie di decine o centinaia di anni fa, poi si autoavverano molto tempo dopo, scritturando al momento opportuno altri inconsci di viventi; e il fatto che tramite le "preghiere" (che influiscono sempre nell’influenzare gli inconsci) e il "libero arbitrio" si possa modificare il futuro visto dai veggenti (come è, forse, successo per l'attentato al papa, relativo alla prima parte del terzo segreto di Fatima).

Un caro saluto
Alessandra

sabato 5 dicembre 2009

La libertà



Sono una studentessa liceale. Studiando il filosofo Schopenhauer, mi sono sorti molti dubbi sulla libertà.
La visione pessimistica di Schopenhauer ritiene che l'uomo sia privo di libertà, di libero arbitrio. L'uomo infatti, secondo Schopenhauer, non è libero poiché è sottoposto ad un impulso, alla cosiddetta volontà di vivere che lo induce ad agire e a vivere. In questo senso l'uomo non risulta padrone delle proprie scelte, ma un semplice burattino i cui fili sono comandati da una volontà inconscia, unica ed eterna.
Eppure io sono cristiana, e senza libertà anche il peccato non avrebbe senso. Cosa mi può dire in merito?

Flora


Cara Flora,
il problema della libertà e del libero arbitrio è stato nei secoli molto dibattuto e controverso, per cui per dare una risposta adeguata, segnalerò alcuni LINK che è conveniente consultare.

Dal post di VERITA’ A CONFRONTO del 17 Maggio 2009:
http://nuoveteorie.blogspot.com/2009/05/altri-importanti-tasselli-per-la-tesi.html
"Ricordiamo la facoltà di ASTRAZIONE di alcune scimmie, qualità che prima si riteneva un'esclusiva del genere umano. Il MACACO RHESUS è capace di valutare le occasioni perdute, dimostrando di fare pensieri del tipo: "avrei potuto, avrei dovuto, avrei voluto...". In questi primati, senso di colpa e rimorso sono forme di interiorizzazione che nascono dalla coscienza, o comunque dalla consapevolezza di sé e della realtà circostante. "Non si possono provare emozioni di questo tipo - spiega il prof. Angelo Tarabini, docente di Psicologia animale presso l’università di Parma- se non si è consapevoli delle proprie azioni, di aver commesso un errore o di non aver fatto la cosa giusta al momento giusto. Si tratta di una sensazione comune anche ai cani, e che caratterizza le specie animali emotivamente più vicine all'uomo, come le scimmie". I macachi rhesus vivono in colonie numerose, da 20 a 180 individui, organizzate secondo una struttura matriarcale, all'apice della quale si trova una femmina "alfa". Tartabini spiega che rimorso e rammarico, nel caso di questi animali, derivano generalmente dalla violazione di regole sociali, e la scimmia è infatti l'animale sociale per eccellenza. "Ogni comportamento improprio - conclude - viene percepito come estraneo al gruppo, e genera nell'animale la paura di venire escluso. E' da qui che nasce il senso di colpa".

Da un articolo su Mark Hauser del 29 Ottobre 2007:
http://www.mentelocale.it/festivaldellascienza/contenuti/index_html/id_contenuti_varint_19135
"Il concetto di bene e di male sono innati nella mente dell'uomo? Marc D. Hauser professore di Psicologia, Biologia Evolutiva e Antropologia Biologica alla Harvard University, è convinto che sia così. L'ipotesi di Hauser è decisamente rivoluzionaria rispetto ai pensatori del passato; e dice: «Vorrei dimostrare che le regole morali hanno una radice profonda e inconscia, una sorta di "grammatica morale universale" comune a tutti gli uomini. In pratica emozioni e ragionamenti sono successivi alla formulazione del giudizio morale».
Per provare questa teoria Hauser ha fatto ricorso a dilemmi artificiali presentati in un "Moral Sense Test", nel quale si chiede al soggetto intervistato di esprimere un giudizio su una situazione. Il test, concluso da oltre 250.000 individui provenienti da 120 nazioni, è accessibile su Internet (moral.wjh.harvard.edu) ed è analizzato in dettaglio sul più recente libro dello psicologo, "Menti morali" (Il Saggiatore, 2007). «Dai risultati si intuisce che il male come fine è ovviamente percepito peggiore di un male collaterale, e che il danno causato da un'azione o da contatto diretto è peggiore di quello causato da omissione e contatto indiretto."


La visione della scuola di pensiero di Riccardo Calantropio, a cui io aderisco, è in linea con quella di Hauser; anzi, è ancora più radicale ed illuminante.
Premetto che tale visione non accetta il determinismo, ma presuppone un universo (indipendentemente dall’esistenza di un creatore) che si evolve liberamente, ma con alcuni vincoli. Il primo vincolo è dato dai mattoni dell’universo (le stringhe) in un numero limitato e non infinito di tipi; e il secondo vincolo dal NON LOCALISMO della meccanica quantistica, per cui tutto l'universo e i 10 elevato a 500 universi paralleli (secondo la teoria M delle superstringhe) potrebbero essere tra di loro sincronizzati, ma in modo tale che noi non lo possiamo rilevare. Da qui, tutto è possibile, anche che FOSSE CERTO nel progetto intelligente di un eventuale DIO creatore che in un pianeta del nostro o di altri universi paralleli si evolvesse, prima o poi, un essere biologico dotato di ragione ed astrazione (ovvero, ad immagine e somiglianza di DIO, secondo il concetto biblico) e che avesse anche il libero arbitrio. Tale concetto è in accordo con la LEGGE DI GIOBBE originale. Vedi il mio POST: http://apiuvoci2.blogspot.com/2009/10/la-legge-di-giobbe.html

Dal un post del BLOG della mia scuola di pensiero:
http://nuoveteorie.blogspot.com/2009/04/il-male-e-il-bene-sono-una-conseguenza_03.html
"Si teorizza, in modo del tutto rivoluzionario, che l’attuale evoluzione dell’umanità tende all’altruismo sociale, come già succede per gli insetti sociali (api, formiche e termiti), indipendentemente da ogni visione religiosa. Da qui in contrapposizione da quanto teorizzato da Richard Dawkins nel suo libro “Il gene egoista”, il concetto di MALE (egoismo individuale) e BENE (altruismo sociale) sono alla base della genetica evolutiva. Viene portato a sostegno, tra l’altro il fenomeno dell’APOPTOSI (il suicidio altruistico cellulare), il fatto che anche noi esseri umani siamo una comunità di cellule che ha un obiettivo comune, e la scoperta del gene della generosità AVPR1a, più sviluppato in alcuni soggetti e meno in altri. (Consiglio vivamente di leggere l’intero post, apprezzato da diversi studiosi contemporanei)."

Una logica conseguenza è il fatto che gli esseri umani, anche se geneticamente al 50% sono più o meno altruisti od egoisti, hanno un’autocoscienza che li porta a scegliere tra due input inconsci contrapposti, uno di tipo egoistico ed uno di tipo altruistico. Da qui il libero arbitrio che non esiste negli altri animali, tranne in rari casi, e del tutto limitato. Negli insetti sociali, invece, avendo completato questa parte del processo evolutivo altruistico, cessa la libertà di scelta e tutto è dettato dall'inconscio.
Infine, le preghiere riescono a modificare anche il futuro progettato. E da questa concezione ha senso anche il peccato, in accordo con il cristianesimo.

Dunque, ESISTE nell’uomo il LIBERO ARBITRIO, come anche in alcuni animali superiori che hanno una forma di autocoscienza. Un indizio è il SENSO DI COLPA e IL RIMORSO delle proprie azioni, che se per le scimmie può essere di natura controversa perché può sembrare dovuto alla scelta egoistica di non essere esclusi dal gruppo, nei cani sembra più difficile teorizzare una scelta egoistica, ma più verosimilmente di amore e di fedeltà all’uomo.

Nell’uomo, Hauser identifica una morale universale, preesistente alla morale indotta da religioni e filosofie (che in ogni caso hanno anche il loro peso nelle scelte), mentre la mia scuola di pensiero, più che una morale (indipendentemente dai premi e dai castighi teorizzati da Martin Lutero), identifica degli INPUT inconsci di ALTRUISMO SOCIALE (dati dalle tendenza evolutiva in atto), che si contrappongono agli INPUT INCONSCI EGOISTICI della LIBIDO e della RIPRODUZIONE (teorizzati da Freud e da Dawkins). Tra i diversi input, di libido, di egoismo genetico, di altruismo sociale, di religione, di amore e di fedeltà, alla fine SUBENTRA IL LIBERO ARBITRIO, che limitatamente alle scelte alternative, decide secondo coscienza, quando le condizioni psicofisiche di equilibrio lo permettono.

Voglio concludere con un aspetto non trascurabile.
Le azioni altruistiche dettate dal libero arbitrio, per la teoria della RETE DEGLI INCONSCI, influiscono sugli inconsci e sulle coscienze degli altri, accelerando il processo genetico evolutivo verso l'altruismo sociale. Sotto questo aspetto, per i cristiani, trova giustificazione la venuta, UNA TANTUM, di Cristo (logos di DIO), con il suo MESSAGGIO EVANGELICO, per ACCELERARE il processo evolutivo già in atto.

Un caro saluto
Alessandra

mercoledì 2 dicembre 2009

Recenti articoli riguardanti il BLOG parallelo "a due voci" con cui collaboro al 50%







Per leggere gli articoli, cliccare prima sulla foto dell'articolo che si vuole leggere, e poi cliccare di nuovo, per ingrandire, quando il cursore indica il segno (+).

Le prime tre foto si riferiscono all'articolo dell'inserto SCUOLA a diffusione regionale (Piemonte) pubblicato con LA STAMPA del 14 Dicembre 2009. La quarta foto a un articolo del Corriere delle Langhe e Roero del 30 Novembre 2009. E la quinta foto a un articolo di BraOGGI del 24 Novembre 2009.

venerdì 27 novembre 2009

Il NON LOCALISMO - La trasmissione tra inconsci.



Qualche giorno fa ho letto un articolo sulla telepatia e sui sogni premonitori. Cosa sappiamo, oggi, su questo argomento?

Ludovica



Cara Ludovica

Solo qualche giorno fa, e precisamente il 24 Novembre del 2009, è stato pubblicato un articolo su Rupert Sheldrake

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=29092

"Parlava dei poteri telepatici di cani, gatti ed uomini. E in particolare affermava che, a detta di Sheldrake, questa è un’area di ricerca quasi completamente ignorata. I ricercatori psichici e i parapsicologi l’hanno trascurata, perché hanno definito la parapsicologia come lo studio di facoltà umane straordinarie. Questo non vuol dire che gli animali non possano averle, ma nella parapsicologia e nella ricerca psichica l’attenzione è sempre stata focalizzata sull’uomo. I biologi, dal canto loro, hanno ignorato quest’area, perché esiste un tabù contro il cosiddetto paranormale. Per questo, nel mondo scientifico tutti ignorano tali fatti, anche se esiste una discreta quantità di prove a loro sostegno. E ogni volta che si parla di questo argomento, c’è qualcuno che ha una storia da raccontare in merito.
Poi Rupert Sheldrake aggiungeva: “La maggior parte delle persone aderisce in modo meramente formale a una visione del mondo meccanicistica (ovvero, trattare la natura come un fenomeno meccanico), perché essa è alla base dell’istruzione, dell’industria, dell’evoluzione e dell’economia moderne. Il modello meccanicista della realtà è quello dominante nella vita pubblica. E gli scienziati, naturalmente, lavorano al suo interno.”


Eppure, già lo stesso Sigmund Freud affermava: “E’ praticamente certo che l’occuparsi di fenomeni occulti porterà ben presto alla conferma che un certo numero di essi si verifica effettivamente; c’è tuttavia da presumere che ci vorrà molto tempo prima che si giunga ad una teoria accettabile riguardo a questi fatti nuovi.”
Sigmund Freud ha esposto in modo diretto le sue convinzioni in tema di telepatia in due scritti: “psicoanalisi e telepatia” e “Sogno e telepatia” entrambi redatti nel 1921. Trattando di un caso il Maestro scrive: “L’evento si spiega perfettamente se siamo disposti a supporre che questo sapere si è traslato da lui a lei, presunta profetessa, per vie sconosciute, e con esclusione delle modalità comunicative a noi note. La nostra conclusione dovrebbe dunque essere che esiste la trasmissione del pensiero” .


Anche Carl Gustav Jung, dopo aver conosciuto il premio nobel per la fisica Wolfgang Pauli, che conosceva il NON LOCALISMO della meccanica quantistica, teorizzò un inconscio collettivo ( ovvero un contenitore psichico universale, che contiene gli archetipi, cioè le forme o i simboli che si manifestano in tutti i popoli di tutte le culture) e la sincronicità.

Gli scienziati David Bohm e Karl Pribram teorizzarono, invece il paradigma olografico, ovvero l’olismo, che fornisce le basi teoriche delle filosofie orientali e della new age occidentale, che in base al NON LOCALISMO concatenano tutto l’universo, fornendo una visione unitaria della realtà.
Ricordo che esiste l’enciclopedia olistica ON LINE (http://www.enciclopediaolistica.com/) cofinanziata dalla Comunità Europea e redatta da diverse università italiane e da altre europee.

Segnalo inoltre che la facoltà di psicosomatica dell’Università di Torino ha un libro di testo ON LINE che tratta proprio di questi argomenti, e che è interessante consultare:
http://www.sicap.it/merciai/psicosomatica/badjob/Luca.pdf

Una delle teorie più recenti ed interessanti è quella degli scienziati russi capitanati da Pjotr Garjajev, che dice che il DNA umano funziona come una specie di "Internet biologico", ed è sotto molti aspetti superiore a quello artificiale. Queste nuove ricerche scientifiche, in Russia, direttamente o indirettamente, spiegano fenomeni quali chiaroveggenza, intuizione, guarigioni spontanee e guarigioni a distanza, autoguarigioni, tecniche di affermazione, aloni di luce attorno alle persone e molto altro:

http://www.nexusedizioni.it/apri/Notizie-dal-mondo/Ultimi-articoli/SCOPERTE-SUL-DNA-IN-RUSSIA

La teoria, invece, a cui, personalmente sono più portata a ritenere attendibile è quella della RETE DEGLI INCONSCI dello studioso Riccardo Calantropio, della cui scuola di pensiero, anch’io faccio parte. La visione di questa scuola di pensiero si distacca da metafisica, riduzionismo, relativismo ed olismo, individuando nell’evoluzione biologica attuale umana la produzione di una propria pseudo-spiritualità, data dalla possibilità degli inconsci umani di interconnettersi tra di loro, come in una rete internet; ma che a differenza della teoria russa, teorizza una memoria collettiva di tutta l’umanità, decisamente fisica, che si troverebbe distribuita in strati profondi degli inconsci dei viventi. Secondo questa teoria la telepatia non sarebbe altro che una più fortunata disposizione sinaptica di alcuni uomini, rispetto ad altri, tale che si abbia una maggiore comunicazione tra inconscio e coscienza (per cui nulla di spirituale o metafisico). Poi, per il NON LOCALISMO, l’interconnessione degli inconsci farebbe il resto, e sempre tramite gli inconsci si potrebbe accedere ai ricordi dei defunti registrati nella rete, facendoci credere di poter parlare con gli spiriti dei morti o che alcuni si possono reincarnare. La teoria presuppone poi diversi gradi di autocoscienza: quella della coscienza, quella dell’inconscio personale, e quella di gruppi di inconsci collettivi (come avviene negli insetti sociali o in stormi di uccelli). Quest’ultima qualità spiegherebbe anche le veggenze, i sogni premonitori e le profezie che si autoavverano.

Ovviamente, visto che è uno dei mie campi di studio, sono disponibile a scendere in maggiori dettagli, su richiesta.

Un caro saluto

Alessandra

domenica 15 novembre 2009

Il paradosso della nave di Teseo (Identità e cambiamento)



Tempo fa avevo trovato in soffitta un vecchio album di fotografie, che non avevo mai visto. Tra queste vi era una foto di mio nonno, che non avevo subito riconosciuto. Solo dopo aver osservato i suoi tratti somatici e la sua espressione, mi sono reso conto che era proprio mio nonno da giovane. ...Così, mi è venuta di nuovo in mente una domanda che più volte mi sono posto: è possibile che una persona cambi radicalmente o conserva sempre una sua identità? Dopo tante riflessioni, non ho ancora trovato una risposta a questa domanda, e un paio di anni fa, in una trasmissione di CHE TEMPO CHE FA di Fazio, sono venuto a conoscenza del paradosso della nave di Teseo, che parla di un problema simile. Infine, riflettendo, forse solo la nostra anima rimane sempre la stessa.
Giancarlo


Caro Giancarlo,
i metafisici e, a volte, i filosofi del linguaggio e della mente, si pongono queste domande:
"Se le parti di un oggetto sono rimpiazzate una dopo l’altra, in modo che l’oggetto finale sia composto da tutte nuove parti, come nella Nave di Teseo, in che modo i due oggetti sono lo stesso oggetto?"
Vediamo quindi cos’è Il Paradosso della nave di Teseo.
"Questo paradosso esprime la questione metafisica dell'effettiva persistenza dell'identità originaria, per un'entità le cui parti cambiano nel tempo; in altre parole, se un tutto unico rimane davvero se stesso (oppure no) dopo che, col passare del tempo, tutti i suoi pezzi componenti sono cambiati (con altri uguali o simili).
Si narra che la nave in legno sulla quale viaggiò il mitico eroe greco Teseo fosse conservata intatta nel corso degli anni, sostituendone le parti che via via si deterioravano. Giunse quindi un momento in cui tutte le parti usate in origine per costruirla erano state sostituite, benché la nave stessa conservasse esattamente la sua forma originaria.
Ragionando su tale situazione (la nave è stata completamente sostituita, ma allo stesso tempo la nave è rimasta la nave di Teseo), la questione che ci si può porre è: la nave di Teseo si è conservata oppure no? Ovvero: l'entità (la nave), modificata nella sostanza ma senza variazioni nella forma, è ancora proprio la stessa entità? O le somiglia soltanto?
Tale questione si può facilmente applicare a innumerevoli altri casi; per esempio alla scrupolosa conservazione di alcuni antichi templi giapponesi (anch'essi principalmente in legno, come la nave di Teseo), per i quali ci si può domandare se siano ancora templi originali.
Si può anche rivolgere il paradosso riguardo l'identità della nostra stessa persona, che nel corso degli anni cambia ampiamente, sia nella sostanza che la compone sia nella sua forma, ma nonostante ciò sembra rimanere quella stessa persona.
Gente con le idee chiare riguardo alla risposta da dare al paradosso di Teseo sono sicuramente gli shintoisti giapponesi. Infatti il loro tempio più importante, il tempio di Ise, costruito in legno, ogni venti anni viene abbattuto e ricostruito completamente con lo stesso disegno architettonico su un terreno a fianco del precedente. Tale cerimonia è detta shikinen sengu, al fine di ricordare che tutto muore e risorge, ed il tempio da essi è considerato originale ma rinato.

Forse la vera identità si costruisce nel cambiamento, come la vera nave di Teseo che si rinnova con legno nuovo per non affondare.

Nel corso della nostra vita, dall’infanzia sino alla fine dell’esistenza, c’è un nucleo essenziale che permane identico? Com’è possibile se ogni sette anni le nostre cellule si rinnovano completamente? Come è possibile se il nostro corpo cambia? Non mutano forse, con lui, anche i nostri pensieri e il nostro modo di vedere il mondo?
Ci hanno insegnato che l’identità ha origini di tipo genetico, ma si sviluppa anche per imitazione di modelli genitoriali, di sesso, di gruppo di appartenenza, etc."

Eric Kandel, nobel del 2000 per la medicina e le neuroscienze, è stato lo scopritore del funzionamento della nostra memoria, che usa le sinapsi tra i neuroni e le funzioni trascrizionali del DNA per trasmetterla in parte ai discendenti. Kandel ha affermato che: IL GOGITO ERGO SUM di cartesiana memoria deve essere aggiornato in:
“Io sono quello che sono perché mi ricordo di cosa ho pensato”.
Da qui, per un essere umano, la MEMORIA è il collante che COSTRUISCE il “SE AUTOBIOGRAFICO” e che quindi ci dà la nostra IDENTITA’ (per analogia anche la memoria e la cultura di un popolo ne costituiscono la sua IDENTITA’). Del resto, senza memoria non vi è identità.

La memoria, però, si accresce in continuazione, e a volte dimentica degli episodi, per cui anche la MEMORIA SI EVOLVE (nel cambiamento continuo). Per completezza, bisogna aggiungere, che abbiamo anche altre memorie (Quella del DNA, e quelle registrate in supporti fisici artificiali: libri, internet, etc.).
Lo stesso, per un popolo o un gruppo sociale. Le sue memorie e la sua cultura, in parte, derivano da tradizioni orali, ma anche da scritture nella varie lingue, nelle raffigurazioni e nei simboli.

In conclusione sia per un singolo essere umano, e sia per un popolo o un gruppo sociale, il complesso delle nostre memorie (che si evolvono) ci fornisce la nostra identità.

Infine, ogni DNA di un organismo biologico è unico, ma questo non impedisce che si evolva in continuazione.


RIPORTO, INOLTRE UNA PARTE DI UN ARTICOLO DEL 23-11-2009 PUBBLICATO SUL CORRIERE DELLA SERA:

Londra, il caso dell’uomo sonnambulo che scambiò la compagna a letto per un ladro.
"I sonnambuli si muovono co­me se fossero svegli, ma in real­tà dormono. Sonnambuli. Pos­sono anche guidare l’auto, ma meglio non svegliarli. L’aggres­sività è una delle reazioni lega­te alla paura della sorpresa. Non sanno quel che fanno e nemmeno ricordano nulla do­po, al mattino quando si sve­gliano.

Non solo. Il sonnambulismo è anche al centro di eventi giu­diziari. L’ultimo è da romanzo giallo: uxoricida sonnambulo assolto per malattia. Un uomo, con alle spalle una lunga storia di sonnambulismo, ha ucciso la moglie, strangolandola, men­tre dormivano assieme nel loro camper.

«Assurdo e grave — commenta Claudio Mencacci, direttore del Dipartimento di neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano —. Avrei concesso tutte le atte­nuanti, ma mai l’impunità. Il sonnambulismo negli adulti è sempre collegato a psicopatolo­gie note. Sono in cura e posso­no essere controllati». E l’incon­scio? L’inconscio che agisce prendendo il sopravvento sul conscio? «Certo. I miei pazienti sonnambuli registrano anche quello che dicono nel loro stato di parasonnia motoria — confi­da Mencacci —. A volte verità scomode. 'Ho detto questo? Non è possibile... però a pensar­ci bene è vero', è il commento più comune quando si riascolta­no ». Eppoi c’è il libero arbitrio. «Nonostante i progressi nel campo delle neuroscienze e le continue sorprese, nessuna fi­nora può intaccare il libero arbi­trio di un individuo», commen­ta ancora Mencacci. Insomma, il sonnambulismo non può con­cedere impunità. Anche per­ché, in questo modo, uno come mister Thomas sarebbe autoriz­zato a commettere qualsiasi rea­to senza conseguenze. Stia at­tenta un’eventuale nuova mo­glie.

Un mito da sfatare è quel­lo che svegliare un sonnambu­lo potrebbe causargli un infar­to, danni al cervello o qual­cos’altro di grave. Non è un mi­to, invece, che sia pericoloso per chi lo sveglia. «In letteratu­ra sono stati registrati casi di uomini che nel sonno hanno uc­ciso o tentato di uccidere la pro­pria moglie», spiega Giuseppe Plazzi, neurologo dell’universi­tà di Bologna, autore di una re­view sul sonnambulismo pub­blicata da Neurological Scien­ces."


Inoltre, in psichiatria, è noto da tempo che esistono persone SCHIZOFRENICHE CON PERSONALITA' MULTIPLE, ed ogni personalità ha una sua memoria indipendente, che viene ripresa ogni qualvolta quella personalità si manifesta.

Se tutti i nostri ricordi e le nostre informazioni venissero registrate su qualche supporto (ad esempio in uno spazio internet), allora solo dopo la nostra morte biologica, tali ricordi diventerebbero IMMUTABILI e tale diventerebbe la nostra IDENTITA’; ed esiste una nuova teoria filosofica che prevede qualcosa di simile, che non debba essere necessariamente l’anima teorizzata da Platone e Sant’Agostino.

Un caro saluto

Alessandra

venerdì 30 ottobre 2009

Misteri e teorie della MECCANICA QUANTISTICA




Ho letto, a proposito della meccanica quantistica, che quando un fascio di luce attraversa due fessure parallele molto vicine, sembra avere il dono dell'UBIQUITA'.
Come si spiega?
Mariana



Cara Mariana,

Nella meccanica quantistica, si conoscono alcuni comportamenti delle particelle che non corrispondono alle leggi di Newton e della relatività. Il perché di questi comportamenti è, ad oggi, solo teorizzato; ma questo non significa che la conoscenza di questi comportamenti non può essere utilizzata, ad esempio, per il NON LOCALISMO, per la costruzione di computer quantici superveloci, o per prevedere il comportamento di materiali radioattivi.

La Teoria quantistica dei campi ci rivela che neanche un vuoto ideale, con una pressione misurata di zero Pa, è veramente vuoto. Un motivo è che le pareti della camera a vuoto emettono luce in forma di radiazione del corpo nero: luce visibile se sono alla temperatura di migliaia di gradi, luce infrarossa se più fredde. Questa "zuppa" di fotoni sarà in equilibrio termodinamico con le pareti, e si può dire di conseguenza che il vuoto ha una particolare temperatura. Ancor più importante, nel vuoto sono presenti fluttuazioni quanto-meccaniche, che lo rendono un ribollire di coppie di particelle virtuali; queste, protette dal principio di indeterminazione di Heisenberg, nascono e si annichiliscono in continuazione. Questo fenomeno quantistico potrebbe essere responsabile del valore osservato della costante cosmologica.

Secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg, energia e tempo, al pari di altre due grandezze come posizione e velocità, non possono essere misurate con un'accuratezza infinita.

Se lo spazio vuoto non avesse alcuna forma di energia, generata da forze o meglio da campi di alcun tipo, né gravitazionale né elettromagnetica, per una particella che si trovasse nello spazio vuoto sarebbe possibile determinare una velocità e una energia entrambe nulle, con un errore pari a zero, in violazione del principio, che porta a ipotizzare l'esistenza di fluttuazioni quantistiche nello spazio vuoto, che generano una quantità minima di indeterminazione.

Il vuoto viene interpretato dalla meccanica quantistica con il consueto binomio onda-particella. Il vuoto è pensato come un equilibrio dinamico di particelle di materia e di antimateria in continuo annichilimento.

Come per le onde in genere, sia longitudinali che trasversali, per spiegare alcuni fenomeni fisici è necessario ipotizzare una natura ondulatoria, per altri, che esista una massa.

Le particelle nel vuoto vibrano a qualsiasi lunghezza d'onda in uno spazio infinitamente esteso; in uno spazio limitato, ad esempio se si introducono due pareti, vibrano però solo a lunghezza d'onda che sono multipli e sottomultipli interi della distanza fra le pareti. In questo caso all'esterno esiste, quindi, una maggiore energia e si può misurare una forza-pressione che tende ad avvicinare le pareti (l'effetto Casimir).

Le particelle sono dette virtuali perché normalmente non producono effetti fisici; in uno spazio limitato, tuttavia, vi sono delle grandezze misurabili.


1) Lo stesso Hawkins, dopo 35 anni, ha modificato, per esempio, la sua teoria sui buchi neri.
I buchi neri sono oggetti la cui attrazione gravitazionale è immensa. Secondo la concezione classica la gravitazione è tanto potente che niente, neanche la radiazione o la luce, può allontanarsi dal buco nero. Eppure non si sa come la gravità possa essere incorporata nella meccanica quantistica; tuttavia lontano dai buchi neri gli effetti gravitazionali possono essere tanto deboli che i calcoli possono essere effettuati in modo corretto, ricorrendo solamente alla teoria del campo quantistico in uno spaziotempo curvo. Hawking ha dimostrato come gli effetti quantistici consentano ai buchi neri di emettere una radiazione del corpo nero, con soluzione esatta che corrisponde alla media della radiazione termica emessa da una sorgente termica idealizzata. La radiazione è come se fosse emessa da un corpo nero a una temperatura inversamente proporzionale alla massa del buco nero. Si può comprendere il processo a livello fisico immaginando la radiazione particella-antiparticella emessa appena oltre l’orizzonte degli eventi. Questa radiazione non proviene direttamente dal buco nero stesso, ma piuttosto è il risultato di particelle virtuali che – nascendo in coppia continuamente nel vuoto cosmico – diventano reali a causa della forza gravitazionale del buco nero. Per essere più precisi le fluttuazioni quantistiche del vuoto provocano la comparsa di coppie particella-antiparticella in prossimità dell’orizzonte degli eventi dell’oggetto celeste. Una particella della coppia cade nel buco nero, mentre l’altra riesce a fuggire nell’universo esterno. Per conservare l’energia complessiva la particella che è precipitata nel buco nero deve avere energia negativa (rispetto a un osservatore che si trovi lontano). Mediante questo processo il buco nero perde massa e a un osservatore esterno sembrerebbe che il buco stesso abbia appena emesso una particella.

2) Qualcosa di similare avviene nell’effetto tunnel quantistico, come conseguenza del principio di Indeterminazione di Heisenberg.
Classicamente una particella può oltrepassare un ostacolo (o una barriera di potenziale) soltanto se possiede sufficiente energia. In campo umano una situazione simile può essere immaginata pensando ad un atleta impegnato in un salto in alto. Se dopo adeguata rincorsa, il nostro atleta sarà in grado di esprimere sufficiente energia, riuscirà ad oltrepassare l'asticella che fissa il limite superiore del salto, viceversa rovinerà contro di essa.
La situazione appena descritta non è vera in meccanica quantistica.
Il piccolissimo grado di indeterminazione esistente tra i vari livelli di energia e tempo, si traduce in rapidissime fluttuazioni dei sistemi microfisici. Per tempi che si aggirano intorno al miliardesimo di trilionesimo di secondo, un gruppo di elettroni può prendere a prestito dal "nulla" sufficiente energia e oltrepassare una barriera di potenziale altrimenti insuperabile. Il Principio di Indeterminazione vincola però la realizzazione di una tale transizione alla rapidissima restituzione dell'energia utilizzata nel prestito.
L'Effetto Tunnel quantistico ha validità universale ed è alla base di fenomeni quali il "tunneling elettronico" e la radioattività.
Il nucleo di un atomo è normalmente circondato da una "altissima barriera" che non permette ai neutroni e ai protoni di allontanarsi da esso. Nonostante ciò (specialmente nei minerali di Uranio e Radio) in seguito all'Effetto Tunnel, gli inquilini del nucleo, possono "scavarsi ampie gallerie" e lasciarsi alle spalle le barriere di potenziale rappresentate dall'attrazione nucleare, dando così vita al fenomeno della radioattività.

3) Da quanto sopra, nel teorizzare la funzione d’onda della luce o di un fascio di elettroni nell’attraversare due fenditure vicine e parallele, che vengono racconti su uno schermo posteriore, vediamo che:
a) Già Thomas Young, aveva dimostrato che nello schermo posteriore si formavano una serie di strisce luminose parallele, separate da intervalli regolari e alternate a strisce oscure. La successione di zone chiare e zone d’ombra si poteva spiegare solo ammettendo che la luce avesse natura ondulatoria. Questa sembianza d’onda le permetteva di non propagarsi più lungo cammini rettilinei quando era costretta ad attraversare fenditure dall’apertura più stretta della distanza fra due creste d’onda successive. Le onde luminose che attraversavano la fenditura di destra si mescolavano allora con quelle che passavano per la fenditura di sinistra. Nei punti dello schermo in cui l’onda di destra arrivava in fase con l’onda di sinistra, le creste della prima si sommavano a quelle della seconda, producendo così le strisce luminose. Al contrario, nei punti dello schermo in cui le due onde arrivavano sfasate, le creste di un’onda si soprapponevano alle gole dell’altra , dando luogo ad estinzione e creando così le zone d’ombra. Queste regioni alternativamente chiare e scure, prodotte dalla luce che interferisce con se stessa, sono chiamate “frange d’interferenza”.
b) Tutto questo non fa a pugni con il senso comune, ma le cose si complicano quando ripetiamo l’esperimento delle fenditure di Young non con la luce, ma con gli elettroni. ….Sostituiamo la sorgente luminosa con un cannone elettronico del tipo di quelli degli apparecchi televisivi, e lo schermo con una fila di rivelatore di elettroni. Sorprendentemente, i rivelatori registrano proprio una successione di massimi e minimi nei punti d’impatto degli elettroni analoghi alle zone chiare e oscure osservate nel caso della luce. La conclusione è inevitabile: L’elettrone da corpuscolare si è trasformato in onda prima di arrivare alle fenditure.
Inoltre, l’elettrone-onda ha dovuto fare in modo di passare contemporaneamente attraverso le due fenditure, poiché le interferenze possono prodursi solo in caso di interazione di due onde distinte. Così grazie alla natura ondulatoria, l’elettrone può acquistare il dono dell’ubiquità: può essere dappertutto nello stesso istante, e la sua traiettoria non è più definita.
c) Il fatto che l’elettrone può essere dappertutto, intanto non significa che E’ DAPPERTUTTO, ma solo che non lo possiamo prevedere a priori (quindi un’ubiquità apparente).
d) In secondo luogo, la funzione d’onda può essere sia longitudinale e sia trasversale rispetto alla traiettoria teorica, probabilmente a causa dell’interazione di altri elettroni e particelle che nascono ed annichiliscono (tramite corrispettive particelle di antimateria) dal vuoto; per cui il ritardo della fase di funzione d’onda può far sembrare che un elettrone attraversi nell’istante X le due fessure, ma nulla esclude che invece nello stesso istante ne transitano di elettroni due (o più di due) con fase d’onda longitudinale opposta.

IN CONCLUSIONE, la fisica quantistica ci fa prevedere, in modo probabilistico, alcuni fenomeni subatomici delle particelle, permettendo delle corrette applicazioni scientifiche; ma del perché la natura si comporti in tale modo, non è ancora del tutto chiarito e si possono avanzare, al momento, solo teorie. Ricordiamo sempre la celeberrima risposta di Bohr ad Einstein: "Einstein, non dire a Dio quello che deve fare!"

Questo non significa che nella natura regni il CAOS o accadono cose MAGICHE; ma solo che:
NON SI POSSONO ESTRAPOLARE DELLE LEGGI FISICHE LOCALI IN ALTRI AMBITI E IN ALTRE SCALE, SENZA DELLE ADEGUATE VERIFICHE SPERIMENTALI. E su questo punto si è scontrata con la realtà la presunzione di filosofi metafisici e scienziati del passato.


Un caro saluto

Alessandra

mercoledì 28 ottobre 2009

La legge di Giobbe



Dopo migliaia di anni in cui sono accadute le stesse cose e l'uomo è migliorato molto poco dal punto di vista sociale, io mi chiedo: come fa l'uomo a credere in un dio il cui maggiore e più importante attributo è la bontà?

Federico



Caro Federico,

Freud, prendendo spunto dall’idea di Darwin che l’uomo primitivo aveva una organizzazione sociale (anche se primitiva) la chiamò “Orda Primordiale”.
Freud tracciò la sua idea sulla vita dell’uomo primitivo. Stando all’epoca dell’uomo cacciatore, il capo branco, con al suo seguito i maschi più forti e abili, partiva per la caccia che poteva occupare periodi anche lunghi.

In questo tempo lasciava, come simbolo della sua legge-potere:
- un totem del clan – che appartiene a tutto il gruppo e si trasmette ereditariamente;
- un totem del sesso – riferito a tutti i maschi ed anche alle femmine come proibizione ai membri del “clan” di sposarsi tra loro
- un totem soggettivo – riferito a quanto il clan si aspetta dai componenti.

Al ritorno dalla caccia, il Capo esercitava il proprio diritto di possedere tutte le femmine e di punire chi avesse tentato di prendere il suo posto: di accoppiarsi con qualche femmina.
Questa azione non aveva nulla di “affettuoso” proprio in quanto il Capo era trascinato dalla sua “spinta libidica” dal piacere cha ha una giustificazione prevalentemente biologica (libido genitale).
La situazione di “sopruso” che poteva anche arrivare alla “castrazione” del giovane troppo attivo, portava ad una “ribellione” che, mettendo alla prova il potere del vecchio, finiva spesso con l’omicidio, l’uccisione cioè del Capo-branco ed anche del “pasto rituale” per appropriarsi delle sue qualità, capacità, potenzialità.
Freud vide in questo paradigma la nascita del “senso di colpa”, legato quindi al “parricidio e alla ribellione alle leggi aggressive e castranti del padre.
Questa situazione sociale, poi cambia, all’incirca 35.000 anni fa con la nascita dell’agricoltura e dell’evoluzione dall’uomo sapiens in uomo sapiens sapiens, attraverso la nascita degli affetti e dei sentimenti specificatamente familiari, in cui anche la madre diventa punto di riferimento.

Il concetto archetipo del padre-padrone, che poi l’uomo identifica con Dio, che ti premia o ti punisce a secondo del tuo comportamento, rimane per decine di millenni, fino ad arrivare a 5500 anni fa con la religione dei Sumeri, che hanno inventato la scrittura.
Se si legge il mio POST: http://apiuvoci2.blogspot.com/2009/10/1.html
si vede che già i Sumeri credevano che gli dei mandavano i terremoti per punire gli uomini; ovvero lo stesso concetto primordiale che gli dei (o più recentemente Dio) ti premiano o ti puniscono a secondo del tuo comportamento.

Ancor in modo più esplicito, la formulazione di questo concetto è stata tracciata già su un papiro, 2200 anni prima di Cristo, in occasione della caduta dell’Impero Egizio.
(vedi: http://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/osservatorio/articoli/osserva16.htm)

“Questo testo, che senza ombra di dubbio costituisce uno dei primi scritti della Storia, racconta l’angoscia di una persona colta e socialmente importante, forse uno scriba, che viene assalita da “un attacco di panico” di fronte al disgregarsi della forza vitale che aveva finora caratterizzato il proprio impero e, di riflesso, la propria esistenza. Da questa presa di coscienza, scaturisce una profonda reazione depressiva, da cui cerca di fuoriuscire interrogando la propria anima, nel tentativo di trovare in essa il motivo sufficiente per continuare a vivere. L’anima si impegna a fondo nel fornirgli valide e copiose risposte che possano indurre l’io sofferente a non abbandonare la vita, ma egli non si lascia convincere e, in preda alla più devastante disperazione, si uccide lanciandosi nelle fiamme.”
Dovranno passare ben 1600 anni, per far si che la mente umana elaborasse gradatamente nuove sinapsi. Ritroviamo, infatti, un episodio similare nel 600 a.c con il Libro di Giobbe, ambientato in Mesopotamia. Questo celeberrimo testo biblico costituisce il fondamento del superamento della domanda primordiale.

Nella versione originale, questa volta, Giobbe, alla fine, riesce a confrontarsi con Dio, che si rivela direttamente nella Sua vera natura. E”questa percezione non mediata del REALE che ingenera la nascita di nuovi concetti e di nuove sinapsi.

“Durante la visione del Principio Creatore, Giobbe sospende ogni giudizio, dato che comprende che le Leggi del Creato esistono indipendentemente da ogni desiderio umano: anche se per motivi assolutamente incomprensibili all’uomo, il Principio Vitale ingenera il sole, gli astri, gli oceani, insieme ai mostri Behemot e Leviatan. che sono emanazioni indissociabili della stessa Legge. Lo stesso Contenitore abbraccia aspetti diversi e contrapposti, senza contraddizione alcuna. Giobbe si rende conto che non è più possibile scindere il Creato nei suoi aspetti buoni e cattivi, che non esiste in Dio una volontà diretta volta alla protezione dell’Uomo e che le Sue Leggi non possono essere commisurate alla volontà umana.
Scrive G.Ravasi”...In questo mirabile discorso si celebra una vera e propria rivoluzione copernicana nella cultura dell'antico Oriente: l'uomo non è più al centro del creato, come insegnava la sapienza tradizionale, ma ne è solo una microscopica componente che non riesce a rendere conto dell'insieme del cosmo.
L' universo appare incomprensibile e ignoto nell' infinitamente grande (le strutture planetarie) e nell' infinitamente piccolo (il parto delle camosce). Eppure, l'Essere ha un progetto che tiene insieme armonicamente aspetti tanto disparati...(omissis)."


Purtroppo la presa di coscienza CHE NON ESISTE IN DIO UNA VOLONTA’ DIRETTA ALLA PROTEZIONE DELL’UOMO O ALLA SUA PUNIZIONE, acquisita già nel 600 a.c., è un qualcosa che spesso si dimentica e che le religioni travisano.

Sul fatto che la società umana non migliori affatto nel tempo, invece non concordo, e ti invito a leggere il mio POST sul MALE e SUL BENE del 29 Gennaio 2010:

http://apiuvoci2.blogspot.com/2010/01/il-bene-e-il-male-rev-1.html

Da cui si evince che il genere umano sta tendendo, seppur lentissimamente, a diventare più altruista e meno egoista.


Un caro saluto

Alessandra

martedì 27 ottobre 2009

La felicità e le scelte della vita



I miei genitori, entrambi laureati, mi hanno sempre indirizzata verso l’importanza della scuola e dello studio per realizzare il mio futuro. Ora sono arrivata all’ultimo anno del liceo classico e il prossimo anno dovrò scegliere dove iscrivermi all’università. Solo ora mi stanno sorgendo dei dubbi sul fatto se sia più appagante dedicarsi allo studio e alla carriera , o se invece è più conveniente disegnare il proprio futuro intorno ad una famiglia. Visto che ormai sono quasi al dunque, la soluzione migliore mi sembra quella di intraprendere gli studi universitari e poi se possibile trovare un lavoro che mi permetta di conciliare lavoro e famiglia al meglio. In generale, quindi, mi chiedo: “Se puntiamo troppo su singoli obiettivi, non rischiamo di perdere le cose belle della vita?”. “E’ più felice chi dedica la propria vita allo studio e al lavoro o chi la dedica alla famiglia?".
Elisabetta


Cara Elisabetta,
la biodiversità è sicuramente una carta vincente dell’evoluzione biologica. Non esistono due organismi biologici identici (ogni DNA è unico) e questo fa si che, anche a livello di percezione della realtà, ognuno la percepisce e la interpreta in modo differente. Noi percepiamo l’ambiente con cui veniamo in contatto con i nostri cinque sensi (qualcuno parla anche di un sesto o settimo senso), tramite “diversi linguaggi” fatti di vibrazioni e di frequenze; e da questi input, interpretiamo e ci costruiamo una nostra realtà che non coincide esattamente con quella degli altri. Sono stati Maturana e Varela, due scienziati sudamericani, ad evidenziare questo aspetto e da un libro ON LINE di Psicosomatica dell’Università di Torino (http://www.sicap.it/merciai/psicosomatica/badjob/Luca.pdf), che consiglio vivamente di leggere, rileviamo che: “l’accoppiamento strutturale dei sistemi umani avviene all’interno dei domini linguistici, intesi come l’insieme di tutti i comportamenti linguistici di un organismo. È attraverso questa elaborazione dell’accoppiamento strutturale che diviene possibile fare distinzioni e dar forma a vita agli oggetti. Dunque, le osservazioni compiute da un individuo (ogni organismo capace di fare distinzioni è un osservatore) non possono cogliere verità oggettive sul mondo, perché esse sono sempre soltanto interazioni fra la struttura dell’organismo osservatore e il suo medium.
Ciò che per Maturana e Varela diviene importante capire è che la percezione non è e non può mai essere oggettiva, quindi tutte le osservazioni hanno uguale validità, anche gli elefanti rosa che l’alcolista vede nelle sue allucinazioni. Ne consegue che, in quanto essere umani, abitiamo in un Multiverso più che in un universo. Cioè, ognuna delle molteplici distinzioni che creiamo nella nostra interazione strutturale con l’ambiente è assolutamente legittima e non in contraddizione con altre distinzioni tracciate dallo stesso o da un altro sistema vivente.
Gli studi di Maturana e Varela, a detta degli stessi autori, portano con sé un obbligo morale, ossia il ricordarsi sempre che la certezza di un’obiettività e di un’oggettività è una tentazione cui non bisogna indulgere e che quindi il mondo che ciascuno di noi vede non è il mondo ma solo un mondo con cui veniamo a contatto insieme ad altri:
[…] farsi veramente carico della struttura biologica e sociale dell’essere umano […] ammettere che il nostro punto di vista è il risultato di un accoppiamento strutturale in un dominio di esperienza valido tanto quanto quelli del nostro interlocutore, anche se il suo ci appare meno desiderabile. […] guardare l’altro come uno uguale a noi, in un atto che generalmente chiamiamo di amore. [H. Maturana e F. Varela, 1987, pagg. 203-204]”


In parole più semplici, ogni uomo non solo percepisce e si costruisce una realtà diversa, in quanto biologicamente è diverso da tutti gli altri, ma anche il suo bagaglio del DNA e delle sue esperienze sono diversi, per cui ognuno ha una diversa sensibilità alla vasta gamma di emozioni e piaceri di cui parlo nel POST sull’amicizia, che sono quelli che determinano la felicità e la serenità.

Per essere felici (e quindi non perdere le cose belle della vita), non vi sono regole uguali per tutti, ma variano in base a mille fattori personali.

Dal punto di vista della psicoanalisi vi sono degli schemi molto generali:
1) Per essere felici bisogna conoscere cosa si vuole sia a livello conscio e sia a livello inconscio e quindi FARLO!
2) Mai si è troppo vecchi o troppo giovani per essere felici.
3) In alternativa, il sogno è lo stato che più ci avvicina alla felicità.

Dal punto di vista delle neuroscienze, invece, segnalo il link:
http://www.repubblica.it/2007/02/sezioni/persone/monaco-felice/monaco-felice/monaco-felice.html
che ti riassumo brevemente: “L'uomo più felice del mondo è un monaco buddista francese, Matthieu Ricard.
Alcuni scienziati dell'università del Wisconsin hanno sottoposto il monaco a una serie di test scientifici arrivando a un responso inequivocabile: Monsieur Ricard può essere considerato "Mr Happy", l'uomo più felice del mondo.

Il gruppo di neuroscienziati dell'ateneo americano, guidati dal professor Richard K. Davidson, ha monitorato l'attività cerebrale del monaco con 256 sensori e una serie di scanning in profondità. La neuro plasticità è la disciplina che studia la strabiliante capacità evolutiva e di adattamento del cervello - misura l'attività della corteccia pre-frontale, perché più alta è l'attività di quella regione della testa e più l'individuo osservato è ritenuto in pace con se stesso e con la realtà. Se i volontari sottoposti a questo esperimento hanno riportato in genere valori tra +0,3 (disperazione) e -0,3 (beatitudine), "Mr. Happy" è arrivato ad uno strabiliante -0,45.

Ma visto che lui è riuscito a raggiungerla, qual è la ricetta per la felicità suggerita dal monaco?
Secondo quanto scritto in un libro pubblicato di recente a Londra, Matthieu Richard - sessanta anni, una brillante carriere di biologo abbandonata per abbracciare il buddismo e ritirarsi in Nepal - la felicità è soprattutto una questione di igiene mentale. L'uomo, infatti, è una creatura malleabile, capace di grandi trasformazioni. Per questo, se riesce a modificare in modo positivo e altruistico il treno dei pensieri, può migliorare la percezione e l'interpretazione del mondo. Felici, insomma, si può diventare. Ma molti non lo sanno: "Molti essere umani - spiega Ricard - vivono come clochard, inconsapevoli del tesoro sepolto sotto la loro baracca".

Come fare, dunque, per essere felici? Molto autocontrollo. Mr Happy non crede infatti assolutamente che dar libero corso alle proprie emozioni intime sia una salutare valvola di sfogo. "Un attimo di rabbia - ammonisce - può distruggere anni di pazienza".


In conclusione, se oggi ti senti di intraprendere gli studi universitari e poi se possibile trovare un lavoro che ti permetta di conciliare lavoro e famiglia al meglio, molto probabilmente per te è la soluzione giusta, ma non è detto che lo sia anche per le altre donne; e, in ogni caso, non trascurare l’altruismo sociale verso coloro che ne hanno bisogno, nei limiti delle tue possibilità, e in un contesto composito delle tue esigenze e di quelle della tua eventuale famiglia.

Un caro saluto
Alessandra

P.S.: Guardate l'espressione del bambino nella foto e chiedetevi cosa gli può passare per la mente per renderlo così felice. La felicità è fatta anche di cose semplici ed infantili; ma se mi immedesimo nei pensieri di quel bambino, anche con tutte le mie conoscenze scientifiche, arrivo a commuovermi fino alle soglia delle lacrime.

lunedì 26 ottobre 2009

L'amore



Mi chiamo Giusy e faccio il quarto liceo scientifico. Ho letto le sue interessanti risposte su questo BLOG, e mi chiedo se l'amore è veramente solo questione di biologia e di chimica, come ho sentito dire più volte. Mi viene difficile accettare un simile riduzìonismo, che và contro tutte le mie precedenti convinzioni. Cosa mi può dire su questo argomento?

Cara Giusy,
la tua domanda mi ha fatto ricordare un bellissimo articolo del corriere della sera del 2002, in cui la giornalista Serena Zoli presentava un libro di Donatella Marazziti, psichiatra e ricercatrice. Il libro si chiama “La natura dell’amore”, che consiglio di acquistare.

“Si dice che dell’amore si è detto tutto, eppure queste sono parole nuove. Non ancora un discorso, ma frammenti, balbettii, di un inedito discorso amoroso che, se anch’esso parte da batticuore ed estasi, è per cercare gli amplessi chimici, gli impulsi elettrici, i matrimoni cellulari che li provocano. Indagine meccanicistica sull’amore, profanatorio tentativo di crocifiggere i palpiti del cuore a formule e leggi di pura materia? Ma «sembra che la materia abbia una natura psicologica»: la replica non viene da aridi scienziati riduzionisti, ma dal poeta Goethe, che già sospettò impulsi d’ordine fisico per spiegare l’ineluttabilità delle Affinità elettive . E già Cartesio aveva collocato le passioni nella ghiandola pineale, o epifisi. E, ancora più indietro, già Ippocrate, secoli prima di Cristo, sanciva: «Sappiano gli uomini che dal cervello e solo dal cervello derivano piacere, gioia, riso così come tristezza, pena» e via via fino al pensare e al sentire, i sentimenti tutti. Le citazioni "alte" sono d’obbligo onde stornare l’accusa di violata umanità per chi si avventura nelle neuroscienze a dimostrare che «il corpo è il teatro delle emozioni». Donatella Marazziti, psichiatra e ricercatrice formatasi nella prestigiosa scuola dell’Università di Pisa, si appella in apertura di libro ( La natura dell’amore) anche a un nome più recente, Sandor Màrai, il romanziere ungherese che in un passo lega l’amore a una «volontà... nell’universo» la quale tocca «gli animi e i nervi» e «le menti più lucide».
La dottoressa Marazziti chiarisce subito che per ora di certo non c’è molto. Ma c’è quanto basta per ipotizzare una rete di sottotracce che, passando per amigdala e lobi frontali, ossitocina e serotonina, ippocampo e corteccia, finiscono per delineare il «ritratto» biologico, l’interfaccia corporea, dell’amore cantato dai poeti, analizzato dagli psicologi e, modestamente, provato da tutti noi, o quasi.
«Quasi» perché tra le patologie dell’amore la psichiatra annovera (come gli psicologi, del resto) l’incapacità o la paura di innamorarsi, e qui i maggiori sospetti - oltre che su un vissuto infantile disastroso o traumatica delusione, che costituirebbero l’«interfaccia» emotiva (e psicoanalitica) - cadono su un’amigdala malfunzionante o su una scarsa fornitura di dopamina (il professor Gessa dell’Università di Cagliari, noto ricercatore, ha battezzato questa sostanza chimica «la benzina del desiderio», quella che può far scoccare la «scintilla» dell’innamoramento).
Prove? Indirette. Persone con lesioni al nucleo cerebrale dell’amigdala presentano «cecità affettiva»: caso estremo, un paziente che restò impassibile alla notizia della morte improvvisa di entrambi i genitori. E chi soffre di depressione lamenta spesso la perduta capacità di provare sentimenti: in questi malati alterato e carente è soprattutto il sistema della serotonina, la sostanza o neurotrasmettitore chimico che più influenza l'amigdala. Ripristinata con gli psicofarmaci la corretta biochimica cerebrale, sparisce la depressione e ricompare la capacità d’amare.
«E’ dalle malattie che noi medici e ricercatori scopriamo i meccanismi interni del corpo e ipotizziamo quelli della normalità», spiega Donatella Marazziti, giovane donna graziosa con lunghi capelli biondi. «Sull’amore di sicuro sappiamo che certe patologie rendono incapaci di provarlo, ma accade anche che un innamoramento scateni gravi disturbi in persone fino a quel momento sane. E’ un tale sconquasso, l’amore...», commenta con un sorriso malizioso. Di questo sentimento la studiosa, che ha grande abilità di scrittura, fluida e accattivante, scrive con grande entusiasmo. Un entusiasmo da scienziata (la scienza dice che l’amore è stato inventato dalla natura per garantire la continuità della specie), ma ben colorato da una sensibilità di donna («l’amore è, può essere la più grande, e più rigenerante, gioia della vita»).
Quanto all’innamoramento che può scatenare - anche quando pienamente ricambiato! - disturbi ossessivo-compulsivo, depressivo e altri ancora, la spiegazione, già ipotizzata da Michael Liebowitz nel suo La chimica dell’amore nel 1983, sarebbe questa: l’innamoramento libera di colpo nel cervello un «diluvio» di sostanze simili all’anfetamina. Se quel cervello di quella persona ha una predisposizione a una certa malattia, le strutture già vulnerabili non reggono all’urto di quell’inondazione («anche se gioiosa, è comunque uno stress») ed ecco scatenarsi il disturbo fino allora latente.
Per indirizzarsi verso lo studio biologico dell’amore, che sta continuando in laboratorio («a settimane avrò la risposta se più alti livelli di ossitocina, un peptìde, garantiscono maggior durata della relazione affettiva»), la dottoressa Marazziti è partita da una constatazione di cui arrivò notizia sui giornali e a Quark : «Da innamorati, siamo invasi dal pensiero ossessivo dell’altro, allora mi sono chiesta se a livello biochimico si riscontrino somiglianze con quanti soffrono di disturbo ossessivo. Ho analizzato un certo numero di volontari (studenti, naturalmente) appena innamoratisi e un ugual numero di malati, e ho riscontrato nei due gruppi una analoga riduzione del sistema serotoninergico. Allora, perché non inseguire i possibili meccanismi della normalità in altre aree cerebrali?».
Ma a che scopo? Trovare farmaci per curare l’amore o anche veri filtri per fare innamorare? Oppure, come diranno altri, per spoetizzare il cuore e il sogno e ridurre l’uomo a una macchina? «No, no, come si può togliere poesia al sentimento più bello?», ride la Marazziti. Che, tornando scienziata, aggiunge: «Si pensi a Galileo: il suo cannocchiale, e successivamente i telescopi, hanno forse distrutto l’incanto del cielo stellato? O lo sbarco degli astronauti il fascino misterioso della Luna? No, spiegare la natura non significa diminuire l’uomo, ma permettergli di vivere meglio. Nel caso dell’amore, se arriviamo a capirne la vera realtà biologica, potremo liberarci dalle incrostazioni e deformazioni imposte dalla cultura e dalla società e viverlo nella sua pienezza originaria, prepotentemente naturale e umanissimo».”

Un caro saluto
Alessandra

Gli universi paralleli.



Anni fa mi è capitato tra le mani un libro, un vecchio Urania, che mi ha regalato un appassionato di fantascienza. Si intitolava “Assurdo Universo”. Non mi sono mai piaciuti molto i racconti di fantascienza, però ho trovato in questo una visione della realtà molto particolare: la teoria degli infiniti universi. Praticamente, secondo questa teoria, la realtà non è composta da un solo universo, il nostro, ma da infiniti universi paralleli. Esiste, ad esempio, un universo totalmente identico a questo, ma nel quale io ho i capelli biondi anziché castani, oppure gli occhi azzurri o verdi. Alcuni universi sono simili al nostro, altri sono talmente diversi che l'intelletto umano non li può comprendere. Questa teoria, per quanto mi sia sembrata assolutamente assurda, mi ha dato molto su cui riflettere. Ammettendo che questa teoria sia vera, tutto ciò che in questo universo non esiste, può esistere in un altro universo; e tutto ciò che in questo universo è falso in un altro può essere vero. In pratica “tutto è possibile se si considerano tutti gli universi”. Ogni volta che ci penso mi vengono le vertigini. Se così fosse, allora tutte le nostre domande esistenziali potrebbero tradursi nelle domande: in quale universo siamo? Siamo in un universo in cui esiste un ente supremo che controlla le nostre vite oppure no? Siamo in un universo in cui l'anima è immortale oppure no? Ma, soprattutto, se tutti gli universi esistono realmente, i concetti di vero o falso valgono ancora? Qualsiasi cosa io dica, per quanto assurda, può essere vera in un altro universo. E tutti i personaggi inventati nei libri, tutte le storie inventate, diventano reali al pari di noi. Una volta sono arrivata ad un'altra conclusione. Se esistono infiniti universi, forse il compito della nostra anima non è altro che uno sperimentare vite diverse in realtà diverse, alla ricerca della perfezione. La mia vita potrebbe quindi essere un esperimento, un tentativo. La mia anima forse comincerà una nuova vita dopo la mia morte, magari in un universo totalmente diverso da questo. Non so se ciò sia vero, ma la prospettiva mi piace.
Giulia


Cara Giulia,
Una dimensione parallela o universo parallelo è un universo ipotetico separato e distinto dal nostro ma coesistente con esso; nel senso scientifico del termine, nella stragrande maggioranza dei casi immaginati è identificabile con un altro continuum spazio-temporale. L'insieme di tutti gli universi paralleli è detto multiuniverso. Alcune teorie cosmologiche e fisiche dichiarano l'esistenza di universi multipli, forse infiniti, in alcuni casi interagenti, in altri no. Così come il viaggio nel tempo, il passaggio in una o più dimensioni parallele è un tema classico della fantascienza. Una realtà parallela, nell'ambito del fantastico, è chiaramente un espediente che lascia infinite possibilità, poiché se nella nostra realtà certe cose si sono evolute in altre, in quella parallela potrebbe non essere successo così. Una delle teorie sugli universi paralleli più citate dai fisici è stata l'interpretazione dei "molti mondi" della meccanica quantistica, proposta da Hugh Everett III nel 1956. Dal momento che viviamo in un universo pluridimensionale secondo le teorie cosmologiche di Hawking, di Michio Kaku ed altri autorevoli scienziati era più che lecito pensare alla possibilità di interferire con questi universi che potremmo chiamare paralleli; e fino a qualche anno fa si pensava che “I buchi neri potessero rappresentare un tunnel tra il nostro universo ed altri universi.”
Ma nel 2004, Hawking, dopo circa 35 anni, ha ammesso di aver perso la scommessa con un suo collega, ammettendo il suo errore e svelando quello che c'è di nuovo a proposito dei buchi neri. L'errore era stato ritenere che i buchi neri distruggessero tutto ciò che fagocitavano e, malgrado dopo eoni fossero destinati a dissolversi, niente di ciò che c'era prima poteva sopravvivere, in nessuna forma. Invece le cose non starebbero in questo modo. Hawking è giunto alla conclusione che nel processo di disintegrazione dei buchi neri, la materia e l'energia che li costituiva viene restituita agli orizzonti infiniti dell'universo in una forma stravolta, ovvero in nessun modo riconoscibile rispetto a com'era prima. Nella sua precedente visione, Hawking ammetteva anche la possibilità che la materia caduta in un buco nero, finisse in un universo parallelo. "Non c'è un altro universo neonato dall'altra parte, come pensavo una volta," ha affermato Hawking, dispiacendosi con gli appassionati di fantascienza. "Ma l'informazione rimane saldamente nel nostro universo e non c'è alcuna possibilità di usare i buchi neri per viaggiare verso altri universi".
Un’altra domanda ancora irrisolta, sempre derivante dalla meccanica quantistica, che potrebbe ipotizzare degli scambi con universi paralleli, è quella relativa al cosiddetto TUNNEL QUANTISTICO, in cui la materia scaturisce dal NULLA (vedi il POST precedente in cui si introduce la meccanica quantistica, spiegata da Tiziano Cantalupi, e l’immagine dell’onda che per superare un ostacolo, prende in prestito più energia, e superato l’ostacolo la restituisce). Non sappiamo, ancora, se questa materia avuta in prestito viene proprio dal NULLA o da un universo parallelo.
Vediamo, invece, qual’è una delle teorie scientifiche oggi più condivise. La Teoria delle superstringhe è un tentativo di spiegare tutte le particelle e le forze fondamentali della natura in un'unica teoria considerandole come vibrazioni di sottilissime stringhe supersimmetriche (ovvero i mattoni dell’universo). Tale teoria prevede un universo ad 11 dimensioni, che genererebbe 10 elevato a 500 universi paralleli (ovvero una numero con 501 cifre, in pratica, quasi infinito). La nostra mente trova difficile visualizzare queste dimensioni perché noi possiamo muoverci soltanto in uno spazio a tre dimensioni.
Nella visione di questa teoria, ogni universo sarebbe differente dagli altri, in un modo che è difficile anche da concepire, ma sicuramente diverso da come ipotizzato nei film o racconti di fantascienza, in cui, ad esempio, tutto ciò che in questo universo è falso in un altro può essere vero. Per quanto riguarda il concetto di “anima”, spero di riprenderlo in uno dei prossimi POST di questo BLOG; ma preannuncio già di non credere ad un’anima di carattere metafisico classico come la ipotizzava, ad esempio, Platone. In questa nuova concezione, meno in contrasto con il progresso scientifico, l’anima difficilmente viaggerebbe da un universo parallelo ad un altro.
Un caro saluto
Alessandra

L'innamoramento




Che cos'è l'amore? Questa è una domanda a cui è molto difficile rispondere e penso che molte persone rimarrebbero spiazzate di fronte a questo quesito. Sul vocabolario alla voce " amore " si legge: "affetto intenso, assiduo, fortemente radicato per qualcuno ". Secondo me, però, non esiste una vera e propria definizione della parola " amore ", perché ognuno di noi ha una diversa concezione di questo particolare sentimento. Se dovessi dare io una definizione di " amore ", direi che si tratta di un sentimento di affetto verso qualcuno che si manifesta in maniera diversa da persona a persona. Tale sentimento può essere provato verso i propri genitori e parenti, ma in questa lettera vorrei analizzare l'amore che riguarda l'attrazione per una persona del sesso opposto. Io penso di essermi innamorato veramente una volta sola nella vita, ed è successo quest'estate mentre ero al mare con i miei amici; e mi sono accorto che stava accadendo dentro di me qualcosa di strano, di inspiegabile e che, tutto ciò era causato dalla mia amica in vacanza con noi. Non avevo mai provato una tale sensazione prima di allora, ero felice, euforico, il cuore mi batteva forte quando le si avvicinava, diventavo rosso, spesso facevo fatica a parlare insieme a lei e la notte non riuscivo a dormire. A poco a poco mi sono accorto di essermi innamorato e ho cominciato a chiedermi cosa potevo fare perché lei si accorgesse di me, ripromettendomi migliaia di volte che alla prima occasione le avrei rivelato i miei sentimenti, ma al momento opportuno mi mancava sempre il coraggio, non so bene per quale motivo, ma non ce la facevo proprio a confessarmi. Mi sono chiesto spesso perché ogni volta le parole che mi ero preparato e che avrei voluto dirle mi rimanevano bloccate in gola. Forse avevo paura che mi rifiutasse, della derisione dei miei amici se fossero venuti a saperlo, o forse era solo il coraggio a mancarmi, ma ha fatto sta che, rimandando rimandando, sono arrivato fino a oggi e la situazione non è cambiata di una virgola, e so che continuando così non cambierà mai e, se devo essere sincero, la cosa mi fa stare molto male. Devo dire che scrivere questa lettera mi è costato molto, perché non sono abituato a scrivere i " fatti miei " su un pezzo di carta, e provo anche un certo imbarazzo pensando che un'altra persona leggera ciò che ho appena scritto. Molto probabilmente penserà che sono un debole e un immaturo, ma purtroppo sono fatto così e anche se sto cercando di cambiare in tutti i modi non ce la faccio proprio a modificare il mio carattere. Non so bene come concludere la lettera perché non ho vere e proprie domande da porre e molto probabilmente quello che ho scritto non è nemmeno un granché, ma se devo dire la verità, già solo scrivere queste tre pagine di foglio protocollo è stata un'impresa per me molto più impegnativa che studiare filosofia o storia e non avrei mai pensato che fosse così difficile. Grazie! Simone, 17 anni

Caro Simone,
L'amore è un sentimento intenso e totalizzante rivolto verso una persona, un animale, un oggetto, o verso un concetto, un ideale. Nel post precedente, abbiamo trattato il sentimento dell’amicizia, in special modo dal punto di vista neuro scientifico di Antonio Damasio, che ha studiato il contributo delle emozioni e dei sentimenti alla strutturazione del nostro sé. Per lui, le «emozioni» (per esempio il piacere, il dolore, il disgusto e la paura) sono risposte involontarie, e in qualche caso innate, che compaiono precocemente nella vita dell’organismo insieme agli appetiti. I «sentimenti», invece, sono mappe e immagini con le quali il cervello rappresenta le proprie risposte agli stimoli emozionali e sensoriali, esterni e interni. Tanto le emozioni quanto i sentimenti sono componenti inseparabili del nostro modo di accogliere la realtà, compreso il modo in cui pensiamo.
La visione di Damasio, oggi, è quasi una conferma di una parte del pensiero di Schopenhauer. Per quest’ultimo la coscienza è "destinata in origine al servizio della volontà e alla realizzazione dei suoi disegni", ossia è al servizio dell'inconscio. E' l'inconscio la causa vera del comportamento, mentre le motivazioni coscienti sono ridotte ad un ruolo subordinato, che mascherano le reali cause dell'agire, che non appartengono al piano della coscienza. Ad esempio, la sessualità, che per Schopenhauer è dettata dall'impulso di autorealizzazione della volontà, e, benchè sia orientata verso la riproduzione della specie, tuttavia si ammanta di tutta una serie di motivi che tendono a nobilitarla e a spiritualizzarla. L'amore romantico è dunque una maschera, dietro la quale opera il freddo genio della specie. “Ogni innamoramento, per quanto etereo voglia apparire, affonda sempre le sue radici nell'istinto sessuale e l’uomo vede nella bellezza della donna il miglioramento della specie”.
Come l'amore sessuale è un MEZZO, sperimentato dall’evoluzione biologica, per ottenere la riproduzione, l'amore materno è un MEZZO per ottenere la cura della prole, l'innamoramento è un MEZZO per stabilizzare le coppie per permettere la trasmissione del linguaggio e della cultura (qualità umana che non si riscontra in nessun altro essere vivente).
Nel post precedente abbiamo visto, anche, che le emozioni precedono i sentimenti, perché si sono evoluti prima; ma in certi casi i sentimenti (come l’amore) generano, a loro volta, altre emozioni. Da queste emozioni deriva quanto esposto nella tua lettera, ovvero rossore, balbettamenti, dubbi, esitazioni, paure, sensazione di sentirsi il cuore in gola, soffocamenti, ansie, sogni, desideri, tristezza alternata ad euforia, etc.. Sensazioni ed emozioni, che ti assicurano capitano, quasi, a tutti, specialmente in occasione del primo amore.
Dal punto di vista della psicologia, (vedi wikipedia), “pur essendoci dei caratteri comuni, la maggior parte delle reazioni o delle pulsioni amorose sono soggettive e variano da individuo a individuo; tuttavia ci sarebbero, secondo la maggior parte degli psicologi e degli scienziati, tre fasi principali nell'amore fra esseri umani: infatuazione o (Innamoramento), attrazione e attaccamento, composte da vari elementi e stadi.
Generalmente, l'amore comincia nella fase dell'"infatuazione", forte nella passione ma debole negli altri elementi. Il primo sprone di questa fase sarebbe l'istinto sessuale. L'aspetto fisico, e altri fattori, giocherebbero infatti un ruolo decisivo nel selezionare possibili compagni o compagne. In questa fase l’amore è puramente materiale: si apprezza il/la compagno/a nella sua apparenza corporea, nella sua pura esteriorità. Quello che inizia con l'infatuazione può svilupparsi in uno dei tipi d'amore più pieni.
Con il passare del tempo gli altri elementi (affetto, attaccamento) possono crescere e la passione fisica può diminuire d'importanza, mantenendo però quell'equilibrio alla base della relazione. In questa fase, detta "attrazione", si giudica il partner al di là di come appare, si valutano diversi fattori come la sua cultura, i suoi valori. In questa fase, quindi, si apprezza il/la compagno/a nella sua pura interiorità.
Nella fase dell'"attaccamento", la persona si concentra sul singolo compagno e la fedeltà assume importanza. Ormai si apprezza il/la compagno/a in sé e per sé, in modo pieno e totale, forti delle due fasi precedenti ma ora consapevoli di tutto il proprio percorso interiore. Ora non si amano più caratteristiche determinate, siano esse materiali o spirituali, ma l’uomo/la donna in quanto tali.
Sebbene gli esseri umani non siano in genere sessualmente monogami, si ritiene tuttavia che siano emozionalmente monogami: possono amare (romanticamente) una sola persona alla volta. Quando una persona condivide con un'altra un amore per un lungo periodo di tempo, sviluppa un "attaccamento" sempre più forte verso l'altro individuo.
Per quanto riguarda l'eventuale presenza di figli, secondo altre recenti teorie scientifiche sull'amore, questa transizione dall'attrazione all'attaccamento avverrebbe in circa 30 mesi: il tempo di portare a termine una gravidanza e di curare la prima infanzia del bambino. Dopo questo periodo la passione diminuirebbe, cambiando l'amore da amore romantico a un semplice piacere nello stare insieme. Quest'ultima fase durerebbe dai 10 ai 15 anni: finché la prole ha raggiunto l'adolescenza o più tardi (con variazioni considerevoli da cultura a cultura)”.
Di solito una relazione che si basa su più fattori (affetto, attaccamento, stima, interessi comuni, attrazione sessuale) ha più possibilità di riuscita di una basata sulla sola attrazione sessuale. Questo "determinismo dell'amore", funzionale unicamente alla cura del bambino, è stato criticato da più parti, in particolare dai sostenitori dell'intelligenza emotiva.
L'amore e la paura di perdere la persona o la cosa amata, accompagnano spesso un sentimento di protezione e/o gelosia verso l'oggetto di tale sentimento. In taluni casi l'amore assume aspetti patologici, quando è la causa che impedisce la conduzione di una vita normale o l'elemento scatenante di un attaccamento morboso.
Un caro saluto
Alessandra