martedì 27 ottobre 2009

La felicità e le scelte della vita



I miei genitori, entrambi laureati, mi hanno sempre indirizzata verso l’importanza della scuola e dello studio per realizzare il mio futuro. Ora sono arrivata all’ultimo anno del liceo classico e il prossimo anno dovrò scegliere dove iscrivermi all’università. Solo ora mi stanno sorgendo dei dubbi sul fatto se sia più appagante dedicarsi allo studio e alla carriera , o se invece è più conveniente disegnare il proprio futuro intorno ad una famiglia. Visto che ormai sono quasi al dunque, la soluzione migliore mi sembra quella di intraprendere gli studi universitari e poi se possibile trovare un lavoro che mi permetta di conciliare lavoro e famiglia al meglio. In generale, quindi, mi chiedo: “Se puntiamo troppo su singoli obiettivi, non rischiamo di perdere le cose belle della vita?”. “E’ più felice chi dedica la propria vita allo studio e al lavoro o chi la dedica alla famiglia?".
Elisabetta


Cara Elisabetta,
la biodiversità è sicuramente una carta vincente dell’evoluzione biologica. Non esistono due organismi biologici identici (ogni DNA è unico) e questo fa si che, anche a livello di percezione della realtà, ognuno la percepisce e la interpreta in modo differente. Noi percepiamo l’ambiente con cui veniamo in contatto con i nostri cinque sensi (qualcuno parla anche di un sesto o settimo senso), tramite “diversi linguaggi” fatti di vibrazioni e di frequenze; e da questi input, interpretiamo e ci costruiamo una nostra realtà che non coincide esattamente con quella degli altri. Sono stati Maturana e Varela, due scienziati sudamericani, ad evidenziare questo aspetto e da un libro ON LINE di Psicosomatica dell’Università di Torino (http://www.sicap.it/merciai/psicosomatica/badjob/Luca.pdf), che consiglio vivamente di leggere, rileviamo che: “l’accoppiamento strutturale dei sistemi umani avviene all’interno dei domini linguistici, intesi come l’insieme di tutti i comportamenti linguistici di un organismo. È attraverso questa elaborazione dell’accoppiamento strutturale che diviene possibile fare distinzioni e dar forma a vita agli oggetti. Dunque, le osservazioni compiute da un individuo (ogni organismo capace di fare distinzioni è un osservatore) non possono cogliere verità oggettive sul mondo, perché esse sono sempre soltanto interazioni fra la struttura dell’organismo osservatore e il suo medium.
Ciò che per Maturana e Varela diviene importante capire è che la percezione non è e non può mai essere oggettiva, quindi tutte le osservazioni hanno uguale validità, anche gli elefanti rosa che l’alcolista vede nelle sue allucinazioni. Ne consegue che, in quanto essere umani, abitiamo in un Multiverso più che in un universo. Cioè, ognuna delle molteplici distinzioni che creiamo nella nostra interazione strutturale con l’ambiente è assolutamente legittima e non in contraddizione con altre distinzioni tracciate dallo stesso o da un altro sistema vivente.
Gli studi di Maturana e Varela, a detta degli stessi autori, portano con sé un obbligo morale, ossia il ricordarsi sempre che la certezza di un’obiettività e di un’oggettività è una tentazione cui non bisogna indulgere e che quindi il mondo che ciascuno di noi vede non è il mondo ma solo un mondo con cui veniamo a contatto insieme ad altri:
[…] farsi veramente carico della struttura biologica e sociale dell’essere umano […] ammettere che il nostro punto di vista è il risultato di un accoppiamento strutturale in un dominio di esperienza valido tanto quanto quelli del nostro interlocutore, anche se il suo ci appare meno desiderabile. […] guardare l’altro come uno uguale a noi, in un atto che generalmente chiamiamo di amore. [H. Maturana e F. Varela, 1987, pagg. 203-204]”


In parole più semplici, ogni uomo non solo percepisce e si costruisce una realtà diversa, in quanto biologicamente è diverso da tutti gli altri, ma anche il suo bagaglio del DNA e delle sue esperienze sono diversi, per cui ognuno ha una diversa sensibilità alla vasta gamma di emozioni e piaceri di cui parlo nel POST sull’amicizia, che sono quelli che determinano la felicità e la serenità.

Per essere felici (e quindi non perdere le cose belle della vita), non vi sono regole uguali per tutti, ma variano in base a mille fattori personali.

Dal punto di vista della psicoanalisi vi sono degli schemi molto generali:
1) Per essere felici bisogna conoscere cosa si vuole sia a livello conscio e sia a livello inconscio e quindi FARLO!
2) Mai si è troppo vecchi o troppo giovani per essere felici.
3) In alternativa, il sogno è lo stato che più ci avvicina alla felicità.

Dal punto di vista delle neuroscienze, invece, segnalo il link:
http://www.repubblica.it/2007/02/sezioni/persone/monaco-felice/monaco-felice/monaco-felice.html
che ti riassumo brevemente: “L'uomo più felice del mondo è un monaco buddista francese, Matthieu Ricard.
Alcuni scienziati dell'università del Wisconsin hanno sottoposto il monaco a una serie di test scientifici arrivando a un responso inequivocabile: Monsieur Ricard può essere considerato "Mr Happy", l'uomo più felice del mondo.

Il gruppo di neuroscienziati dell'ateneo americano, guidati dal professor Richard K. Davidson, ha monitorato l'attività cerebrale del monaco con 256 sensori e una serie di scanning in profondità. La neuro plasticità è la disciplina che studia la strabiliante capacità evolutiva e di adattamento del cervello - misura l'attività della corteccia pre-frontale, perché più alta è l'attività di quella regione della testa e più l'individuo osservato è ritenuto in pace con se stesso e con la realtà. Se i volontari sottoposti a questo esperimento hanno riportato in genere valori tra +0,3 (disperazione) e -0,3 (beatitudine), "Mr. Happy" è arrivato ad uno strabiliante -0,45.

Ma visto che lui è riuscito a raggiungerla, qual è la ricetta per la felicità suggerita dal monaco?
Secondo quanto scritto in un libro pubblicato di recente a Londra, Matthieu Richard - sessanta anni, una brillante carriere di biologo abbandonata per abbracciare il buddismo e ritirarsi in Nepal - la felicità è soprattutto una questione di igiene mentale. L'uomo, infatti, è una creatura malleabile, capace di grandi trasformazioni. Per questo, se riesce a modificare in modo positivo e altruistico il treno dei pensieri, può migliorare la percezione e l'interpretazione del mondo. Felici, insomma, si può diventare. Ma molti non lo sanno: "Molti essere umani - spiega Ricard - vivono come clochard, inconsapevoli del tesoro sepolto sotto la loro baracca".

Come fare, dunque, per essere felici? Molto autocontrollo. Mr Happy non crede infatti assolutamente che dar libero corso alle proprie emozioni intime sia una salutare valvola di sfogo. "Un attimo di rabbia - ammonisce - può distruggere anni di pazienza".


In conclusione, se oggi ti senti di intraprendere gli studi universitari e poi se possibile trovare un lavoro che ti permetta di conciliare lavoro e famiglia al meglio, molto probabilmente per te è la soluzione giusta, ma non è detto che lo sia anche per le altre donne; e, in ogni caso, non trascurare l’altruismo sociale verso coloro che ne hanno bisogno, nei limiti delle tue possibilità, e in un contesto composito delle tue esigenze e di quelle della tua eventuale famiglia.

Un caro saluto
Alessandra

P.S.: Guardate l'espressione del bambino nella foto e chiedetevi cosa gli può passare per la mente per renderlo così felice. La felicità è fatta anche di cose semplici ed infantili; ma se mi immedesimo nei pensieri di quel bambino, anche con tutte le mie conoscenze scientifiche, arrivo a commuovermi fino alle soglia delle lacrime.

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