venerdì 30 ottobre 2009

Misteri e teorie della MECCANICA QUANTISTICA




Ho letto, a proposito della meccanica quantistica, che quando un fascio di luce attraversa due fessure parallele molto vicine, sembra avere il dono dell'UBIQUITA'.
Come si spiega?
Mariana



Cara Mariana,

Nella meccanica quantistica, si conoscono alcuni comportamenti delle particelle che non corrispondono alle leggi di Newton e della relatività. Il perché di questi comportamenti è, ad oggi, solo teorizzato; ma questo non significa che la conoscenza di questi comportamenti non può essere utilizzata, ad esempio, per il NON LOCALISMO, per la costruzione di computer quantici superveloci, o per prevedere il comportamento di materiali radioattivi.

La Teoria quantistica dei campi ci rivela che neanche un vuoto ideale, con una pressione misurata di zero Pa, è veramente vuoto. Un motivo è che le pareti della camera a vuoto emettono luce in forma di radiazione del corpo nero: luce visibile se sono alla temperatura di migliaia di gradi, luce infrarossa se più fredde. Questa "zuppa" di fotoni sarà in equilibrio termodinamico con le pareti, e si può dire di conseguenza che il vuoto ha una particolare temperatura. Ancor più importante, nel vuoto sono presenti fluttuazioni quanto-meccaniche, che lo rendono un ribollire di coppie di particelle virtuali; queste, protette dal principio di indeterminazione di Heisenberg, nascono e si annichiliscono in continuazione. Questo fenomeno quantistico potrebbe essere responsabile del valore osservato della costante cosmologica.

Secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg, energia e tempo, al pari di altre due grandezze come posizione e velocità, non possono essere misurate con un'accuratezza infinita.

Se lo spazio vuoto non avesse alcuna forma di energia, generata da forze o meglio da campi di alcun tipo, né gravitazionale né elettromagnetica, per una particella che si trovasse nello spazio vuoto sarebbe possibile determinare una velocità e una energia entrambe nulle, con un errore pari a zero, in violazione del principio, che porta a ipotizzare l'esistenza di fluttuazioni quantistiche nello spazio vuoto, che generano una quantità minima di indeterminazione.

Il vuoto viene interpretato dalla meccanica quantistica con il consueto binomio onda-particella. Il vuoto è pensato come un equilibrio dinamico di particelle di materia e di antimateria in continuo annichilimento.

Come per le onde in genere, sia longitudinali che trasversali, per spiegare alcuni fenomeni fisici è necessario ipotizzare una natura ondulatoria, per altri, che esista una massa.

Le particelle nel vuoto vibrano a qualsiasi lunghezza d'onda in uno spazio infinitamente esteso; in uno spazio limitato, ad esempio se si introducono due pareti, vibrano però solo a lunghezza d'onda che sono multipli e sottomultipli interi della distanza fra le pareti. In questo caso all'esterno esiste, quindi, una maggiore energia e si può misurare una forza-pressione che tende ad avvicinare le pareti (l'effetto Casimir).

Le particelle sono dette virtuali perché normalmente non producono effetti fisici; in uno spazio limitato, tuttavia, vi sono delle grandezze misurabili.


1) Lo stesso Hawkins, dopo 35 anni, ha modificato, per esempio, la sua teoria sui buchi neri.
I buchi neri sono oggetti la cui attrazione gravitazionale è immensa. Secondo la concezione classica la gravitazione è tanto potente che niente, neanche la radiazione o la luce, può allontanarsi dal buco nero. Eppure non si sa come la gravità possa essere incorporata nella meccanica quantistica; tuttavia lontano dai buchi neri gli effetti gravitazionali possono essere tanto deboli che i calcoli possono essere effettuati in modo corretto, ricorrendo solamente alla teoria del campo quantistico in uno spaziotempo curvo. Hawking ha dimostrato come gli effetti quantistici consentano ai buchi neri di emettere una radiazione del corpo nero, con soluzione esatta che corrisponde alla media della radiazione termica emessa da una sorgente termica idealizzata. La radiazione è come se fosse emessa da un corpo nero a una temperatura inversamente proporzionale alla massa del buco nero. Si può comprendere il processo a livello fisico immaginando la radiazione particella-antiparticella emessa appena oltre l’orizzonte degli eventi. Questa radiazione non proviene direttamente dal buco nero stesso, ma piuttosto è il risultato di particelle virtuali che – nascendo in coppia continuamente nel vuoto cosmico – diventano reali a causa della forza gravitazionale del buco nero. Per essere più precisi le fluttuazioni quantistiche del vuoto provocano la comparsa di coppie particella-antiparticella in prossimità dell’orizzonte degli eventi dell’oggetto celeste. Una particella della coppia cade nel buco nero, mentre l’altra riesce a fuggire nell’universo esterno. Per conservare l’energia complessiva la particella che è precipitata nel buco nero deve avere energia negativa (rispetto a un osservatore che si trovi lontano). Mediante questo processo il buco nero perde massa e a un osservatore esterno sembrerebbe che il buco stesso abbia appena emesso una particella.

2) Qualcosa di similare avviene nell’effetto tunnel quantistico, come conseguenza del principio di Indeterminazione di Heisenberg.
Classicamente una particella può oltrepassare un ostacolo (o una barriera di potenziale) soltanto se possiede sufficiente energia. In campo umano una situazione simile può essere immaginata pensando ad un atleta impegnato in un salto in alto. Se dopo adeguata rincorsa, il nostro atleta sarà in grado di esprimere sufficiente energia, riuscirà ad oltrepassare l'asticella che fissa il limite superiore del salto, viceversa rovinerà contro di essa.
La situazione appena descritta non è vera in meccanica quantistica.
Il piccolissimo grado di indeterminazione esistente tra i vari livelli di energia e tempo, si traduce in rapidissime fluttuazioni dei sistemi microfisici. Per tempi che si aggirano intorno al miliardesimo di trilionesimo di secondo, un gruppo di elettroni può prendere a prestito dal "nulla" sufficiente energia e oltrepassare una barriera di potenziale altrimenti insuperabile. Il Principio di Indeterminazione vincola però la realizzazione di una tale transizione alla rapidissima restituzione dell'energia utilizzata nel prestito.
L'Effetto Tunnel quantistico ha validità universale ed è alla base di fenomeni quali il "tunneling elettronico" e la radioattività.
Il nucleo di un atomo è normalmente circondato da una "altissima barriera" che non permette ai neutroni e ai protoni di allontanarsi da esso. Nonostante ciò (specialmente nei minerali di Uranio e Radio) in seguito all'Effetto Tunnel, gli inquilini del nucleo, possono "scavarsi ampie gallerie" e lasciarsi alle spalle le barriere di potenziale rappresentate dall'attrazione nucleare, dando così vita al fenomeno della radioattività.

3) Da quanto sopra, nel teorizzare la funzione d’onda della luce o di un fascio di elettroni nell’attraversare due fenditure vicine e parallele, che vengono racconti su uno schermo posteriore, vediamo che:
a) Già Thomas Young, aveva dimostrato che nello schermo posteriore si formavano una serie di strisce luminose parallele, separate da intervalli regolari e alternate a strisce oscure. La successione di zone chiare e zone d’ombra si poteva spiegare solo ammettendo che la luce avesse natura ondulatoria. Questa sembianza d’onda le permetteva di non propagarsi più lungo cammini rettilinei quando era costretta ad attraversare fenditure dall’apertura più stretta della distanza fra due creste d’onda successive. Le onde luminose che attraversavano la fenditura di destra si mescolavano allora con quelle che passavano per la fenditura di sinistra. Nei punti dello schermo in cui l’onda di destra arrivava in fase con l’onda di sinistra, le creste della prima si sommavano a quelle della seconda, producendo così le strisce luminose. Al contrario, nei punti dello schermo in cui le due onde arrivavano sfasate, le creste di un’onda si soprapponevano alle gole dell’altra , dando luogo ad estinzione e creando così le zone d’ombra. Queste regioni alternativamente chiare e scure, prodotte dalla luce che interferisce con se stessa, sono chiamate “frange d’interferenza”.
b) Tutto questo non fa a pugni con il senso comune, ma le cose si complicano quando ripetiamo l’esperimento delle fenditure di Young non con la luce, ma con gli elettroni. ….Sostituiamo la sorgente luminosa con un cannone elettronico del tipo di quelli degli apparecchi televisivi, e lo schermo con una fila di rivelatore di elettroni. Sorprendentemente, i rivelatori registrano proprio una successione di massimi e minimi nei punti d’impatto degli elettroni analoghi alle zone chiare e oscure osservate nel caso della luce. La conclusione è inevitabile: L’elettrone da corpuscolare si è trasformato in onda prima di arrivare alle fenditure.
Inoltre, l’elettrone-onda ha dovuto fare in modo di passare contemporaneamente attraverso le due fenditure, poiché le interferenze possono prodursi solo in caso di interazione di due onde distinte. Così grazie alla natura ondulatoria, l’elettrone può acquistare il dono dell’ubiquità: può essere dappertutto nello stesso istante, e la sua traiettoria non è più definita.
c) Il fatto che l’elettrone può essere dappertutto, intanto non significa che E’ DAPPERTUTTO, ma solo che non lo possiamo prevedere a priori (quindi un’ubiquità apparente).
d) In secondo luogo, la funzione d’onda può essere sia longitudinale e sia trasversale rispetto alla traiettoria teorica, probabilmente a causa dell’interazione di altri elettroni e particelle che nascono ed annichiliscono (tramite corrispettive particelle di antimateria) dal vuoto; per cui il ritardo della fase di funzione d’onda può far sembrare che un elettrone attraversi nell’istante X le due fessure, ma nulla esclude che invece nello stesso istante ne transitano di elettroni due (o più di due) con fase d’onda longitudinale opposta.

IN CONCLUSIONE, la fisica quantistica ci fa prevedere, in modo probabilistico, alcuni fenomeni subatomici delle particelle, permettendo delle corrette applicazioni scientifiche; ma del perché la natura si comporti in tale modo, non è ancora del tutto chiarito e si possono avanzare, al momento, solo teorie. Ricordiamo sempre la celeberrima risposta di Bohr ad Einstein: "Einstein, non dire a Dio quello che deve fare!"

Questo non significa che nella natura regni il CAOS o accadono cose MAGICHE; ma solo che:
NON SI POSSONO ESTRAPOLARE DELLE LEGGI FISICHE LOCALI IN ALTRI AMBITI E IN ALTRE SCALE, SENZA DELLE ADEGUATE VERIFICHE SPERIMENTALI. E su questo punto si è scontrata con la realtà la presunzione di filosofi metafisici e scienziati del passato.


Un caro saluto

Alessandra

mercoledì 28 ottobre 2009

La legge di Giobbe



Dopo migliaia di anni in cui sono accadute le stesse cose e l'uomo è migliorato molto poco dal punto di vista sociale, io mi chiedo: come fa l'uomo a credere in un dio il cui maggiore e più importante attributo è la bontà?

Federico



Caro Federico,

Freud, prendendo spunto dall’idea di Darwin che l’uomo primitivo aveva una organizzazione sociale (anche se primitiva) la chiamò “Orda Primordiale”.
Freud tracciò la sua idea sulla vita dell’uomo primitivo. Stando all’epoca dell’uomo cacciatore, il capo branco, con al suo seguito i maschi più forti e abili, partiva per la caccia che poteva occupare periodi anche lunghi.

In questo tempo lasciava, come simbolo della sua legge-potere:
- un totem del clan – che appartiene a tutto il gruppo e si trasmette ereditariamente;
- un totem del sesso – riferito a tutti i maschi ed anche alle femmine come proibizione ai membri del “clan” di sposarsi tra loro
- un totem soggettivo – riferito a quanto il clan si aspetta dai componenti.

Al ritorno dalla caccia, il Capo esercitava il proprio diritto di possedere tutte le femmine e di punire chi avesse tentato di prendere il suo posto: di accoppiarsi con qualche femmina.
Questa azione non aveva nulla di “affettuoso” proprio in quanto il Capo era trascinato dalla sua “spinta libidica” dal piacere cha ha una giustificazione prevalentemente biologica (libido genitale).
La situazione di “sopruso” che poteva anche arrivare alla “castrazione” del giovane troppo attivo, portava ad una “ribellione” che, mettendo alla prova il potere del vecchio, finiva spesso con l’omicidio, l’uccisione cioè del Capo-branco ed anche del “pasto rituale” per appropriarsi delle sue qualità, capacità, potenzialità.
Freud vide in questo paradigma la nascita del “senso di colpa”, legato quindi al “parricidio e alla ribellione alle leggi aggressive e castranti del padre.
Questa situazione sociale, poi cambia, all’incirca 35.000 anni fa con la nascita dell’agricoltura e dell’evoluzione dall’uomo sapiens in uomo sapiens sapiens, attraverso la nascita degli affetti e dei sentimenti specificatamente familiari, in cui anche la madre diventa punto di riferimento.

Il concetto archetipo del padre-padrone, che poi l’uomo identifica con Dio, che ti premia o ti punisce a secondo del tuo comportamento, rimane per decine di millenni, fino ad arrivare a 5500 anni fa con la religione dei Sumeri, che hanno inventato la scrittura.
Se si legge il mio POST: http://apiuvoci2.blogspot.com/2009/10/1.html
si vede che già i Sumeri credevano che gli dei mandavano i terremoti per punire gli uomini; ovvero lo stesso concetto primordiale che gli dei (o più recentemente Dio) ti premiano o ti puniscono a secondo del tuo comportamento.

Ancor in modo più esplicito, la formulazione di questo concetto è stata tracciata già su un papiro, 2200 anni prima di Cristo, in occasione della caduta dell’Impero Egizio.
(vedi: http://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/osservatorio/articoli/osserva16.htm)

“Questo testo, che senza ombra di dubbio costituisce uno dei primi scritti della Storia, racconta l’angoscia di una persona colta e socialmente importante, forse uno scriba, che viene assalita da “un attacco di panico” di fronte al disgregarsi della forza vitale che aveva finora caratterizzato il proprio impero e, di riflesso, la propria esistenza. Da questa presa di coscienza, scaturisce una profonda reazione depressiva, da cui cerca di fuoriuscire interrogando la propria anima, nel tentativo di trovare in essa il motivo sufficiente per continuare a vivere. L’anima si impegna a fondo nel fornirgli valide e copiose risposte che possano indurre l’io sofferente a non abbandonare la vita, ma egli non si lascia convincere e, in preda alla più devastante disperazione, si uccide lanciandosi nelle fiamme.”
Dovranno passare ben 1600 anni, per far si che la mente umana elaborasse gradatamente nuove sinapsi. Ritroviamo, infatti, un episodio similare nel 600 a.c con il Libro di Giobbe, ambientato in Mesopotamia. Questo celeberrimo testo biblico costituisce il fondamento del superamento della domanda primordiale.

Nella versione originale, questa volta, Giobbe, alla fine, riesce a confrontarsi con Dio, che si rivela direttamente nella Sua vera natura. E”questa percezione non mediata del REALE che ingenera la nascita di nuovi concetti e di nuove sinapsi.

“Durante la visione del Principio Creatore, Giobbe sospende ogni giudizio, dato che comprende che le Leggi del Creato esistono indipendentemente da ogni desiderio umano: anche se per motivi assolutamente incomprensibili all’uomo, il Principio Vitale ingenera il sole, gli astri, gli oceani, insieme ai mostri Behemot e Leviatan. che sono emanazioni indissociabili della stessa Legge. Lo stesso Contenitore abbraccia aspetti diversi e contrapposti, senza contraddizione alcuna. Giobbe si rende conto che non è più possibile scindere il Creato nei suoi aspetti buoni e cattivi, che non esiste in Dio una volontà diretta volta alla protezione dell’Uomo e che le Sue Leggi non possono essere commisurate alla volontà umana.
Scrive G.Ravasi”...In questo mirabile discorso si celebra una vera e propria rivoluzione copernicana nella cultura dell'antico Oriente: l'uomo non è più al centro del creato, come insegnava la sapienza tradizionale, ma ne è solo una microscopica componente che non riesce a rendere conto dell'insieme del cosmo.
L' universo appare incomprensibile e ignoto nell' infinitamente grande (le strutture planetarie) e nell' infinitamente piccolo (il parto delle camosce). Eppure, l'Essere ha un progetto che tiene insieme armonicamente aspetti tanto disparati...(omissis)."


Purtroppo la presa di coscienza CHE NON ESISTE IN DIO UNA VOLONTA’ DIRETTA ALLA PROTEZIONE DELL’UOMO O ALLA SUA PUNIZIONE, acquisita già nel 600 a.c., è un qualcosa che spesso si dimentica e che le religioni travisano.

Sul fatto che la società umana non migliori affatto nel tempo, invece non concordo, e ti invito a leggere il mio POST sul MALE e SUL BENE del 29 Gennaio 2010:

http://apiuvoci2.blogspot.com/2010/01/il-bene-e-il-male-rev-1.html

Da cui si evince che il genere umano sta tendendo, seppur lentissimamente, a diventare più altruista e meno egoista.


Un caro saluto

Alessandra

martedì 27 ottobre 2009

La felicità e le scelte della vita



I miei genitori, entrambi laureati, mi hanno sempre indirizzata verso l’importanza della scuola e dello studio per realizzare il mio futuro. Ora sono arrivata all’ultimo anno del liceo classico e il prossimo anno dovrò scegliere dove iscrivermi all’università. Solo ora mi stanno sorgendo dei dubbi sul fatto se sia più appagante dedicarsi allo studio e alla carriera , o se invece è più conveniente disegnare il proprio futuro intorno ad una famiglia. Visto che ormai sono quasi al dunque, la soluzione migliore mi sembra quella di intraprendere gli studi universitari e poi se possibile trovare un lavoro che mi permetta di conciliare lavoro e famiglia al meglio. In generale, quindi, mi chiedo: “Se puntiamo troppo su singoli obiettivi, non rischiamo di perdere le cose belle della vita?”. “E’ più felice chi dedica la propria vita allo studio e al lavoro o chi la dedica alla famiglia?".
Elisabetta


Cara Elisabetta,
la biodiversità è sicuramente una carta vincente dell’evoluzione biologica. Non esistono due organismi biologici identici (ogni DNA è unico) e questo fa si che, anche a livello di percezione della realtà, ognuno la percepisce e la interpreta in modo differente. Noi percepiamo l’ambiente con cui veniamo in contatto con i nostri cinque sensi (qualcuno parla anche di un sesto o settimo senso), tramite “diversi linguaggi” fatti di vibrazioni e di frequenze; e da questi input, interpretiamo e ci costruiamo una nostra realtà che non coincide esattamente con quella degli altri. Sono stati Maturana e Varela, due scienziati sudamericani, ad evidenziare questo aspetto e da un libro ON LINE di Psicosomatica dell’Università di Torino (http://www.sicap.it/merciai/psicosomatica/badjob/Luca.pdf), che consiglio vivamente di leggere, rileviamo che: “l’accoppiamento strutturale dei sistemi umani avviene all’interno dei domini linguistici, intesi come l’insieme di tutti i comportamenti linguistici di un organismo. È attraverso questa elaborazione dell’accoppiamento strutturale che diviene possibile fare distinzioni e dar forma a vita agli oggetti. Dunque, le osservazioni compiute da un individuo (ogni organismo capace di fare distinzioni è un osservatore) non possono cogliere verità oggettive sul mondo, perché esse sono sempre soltanto interazioni fra la struttura dell’organismo osservatore e il suo medium.
Ciò che per Maturana e Varela diviene importante capire è che la percezione non è e non può mai essere oggettiva, quindi tutte le osservazioni hanno uguale validità, anche gli elefanti rosa che l’alcolista vede nelle sue allucinazioni. Ne consegue che, in quanto essere umani, abitiamo in un Multiverso più che in un universo. Cioè, ognuna delle molteplici distinzioni che creiamo nella nostra interazione strutturale con l’ambiente è assolutamente legittima e non in contraddizione con altre distinzioni tracciate dallo stesso o da un altro sistema vivente.
Gli studi di Maturana e Varela, a detta degli stessi autori, portano con sé un obbligo morale, ossia il ricordarsi sempre che la certezza di un’obiettività e di un’oggettività è una tentazione cui non bisogna indulgere e che quindi il mondo che ciascuno di noi vede non è il mondo ma solo un mondo con cui veniamo a contatto insieme ad altri:
[…] farsi veramente carico della struttura biologica e sociale dell’essere umano […] ammettere che il nostro punto di vista è il risultato di un accoppiamento strutturale in un dominio di esperienza valido tanto quanto quelli del nostro interlocutore, anche se il suo ci appare meno desiderabile. […] guardare l’altro come uno uguale a noi, in un atto che generalmente chiamiamo di amore. [H. Maturana e F. Varela, 1987, pagg. 203-204]”


In parole più semplici, ogni uomo non solo percepisce e si costruisce una realtà diversa, in quanto biologicamente è diverso da tutti gli altri, ma anche il suo bagaglio del DNA e delle sue esperienze sono diversi, per cui ognuno ha una diversa sensibilità alla vasta gamma di emozioni e piaceri di cui parlo nel POST sull’amicizia, che sono quelli che determinano la felicità e la serenità.

Per essere felici (e quindi non perdere le cose belle della vita), non vi sono regole uguali per tutti, ma variano in base a mille fattori personali.

Dal punto di vista della psicoanalisi vi sono degli schemi molto generali:
1) Per essere felici bisogna conoscere cosa si vuole sia a livello conscio e sia a livello inconscio e quindi FARLO!
2) Mai si è troppo vecchi o troppo giovani per essere felici.
3) In alternativa, il sogno è lo stato che più ci avvicina alla felicità.

Dal punto di vista delle neuroscienze, invece, segnalo il link:
http://www.repubblica.it/2007/02/sezioni/persone/monaco-felice/monaco-felice/monaco-felice.html
che ti riassumo brevemente: “L'uomo più felice del mondo è un monaco buddista francese, Matthieu Ricard.
Alcuni scienziati dell'università del Wisconsin hanno sottoposto il monaco a una serie di test scientifici arrivando a un responso inequivocabile: Monsieur Ricard può essere considerato "Mr Happy", l'uomo più felice del mondo.

Il gruppo di neuroscienziati dell'ateneo americano, guidati dal professor Richard K. Davidson, ha monitorato l'attività cerebrale del monaco con 256 sensori e una serie di scanning in profondità. La neuro plasticità è la disciplina che studia la strabiliante capacità evolutiva e di adattamento del cervello - misura l'attività della corteccia pre-frontale, perché più alta è l'attività di quella regione della testa e più l'individuo osservato è ritenuto in pace con se stesso e con la realtà. Se i volontari sottoposti a questo esperimento hanno riportato in genere valori tra +0,3 (disperazione) e -0,3 (beatitudine), "Mr. Happy" è arrivato ad uno strabiliante -0,45.

Ma visto che lui è riuscito a raggiungerla, qual è la ricetta per la felicità suggerita dal monaco?
Secondo quanto scritto in un libro pubblicato di recente a Londra, Matthieu Richard - sessanta anni, una brillante carriere di biologo abbandonata per abbracciare il buddismo e ritirarsi in Nepal - la felicità è soprattutto una questione di igiene mentale. L'uomo, infatti, è una creatura malleabile, capace di grandi trasformazioni. Per questo, se riesce a modificare in modo positivo e altruistico il treno dei pensieri, può migliorare la percezione e l'interpretazione del mondo. Felici, insomma, si può diventare. Ma molti non lo sanno: "Molti essere umani - spiega Ricard - vivono come clochard, inconsapevoli del tesoro sepolto sotto la loro baracca".

Come fare, dunque, per essere felici? Molto autocontrollo. Mr Happy non crede infatti assolutamente che dar libero corso alle proprie emozioni intime sia una salutare valvola di sfogo. "Un attimo di rabbia - ammonisce - può distruggere anni di pazienza".


In conclusione, se oggi ti senti di intraprendere gli studi universitari e poi se possibile trovare un lavoro che ti permetta di conciliare lavoro e famiglia al meglio, molto probabilmente per te è la soluzione giusta, ma non è detto che lo sia anche per le altre donne; e, in ogni caso, non trascurare l’altruismo sociale verso coloro che ne hanno bisogno, nei limiti delle tue possibilità, e in un contesto composito delle tue esigenze e di quelle della tua eventuale famiglia.

Un caro saluto
Alessandra

P.S.: Guardate l'espressione del bambino nella foto e chiedetevi cosa gli può passare per la mente per renderlo così felice. La felicità è fatta anche di cose semplici ed infantili; ma se mi immedesimo nei pensieri di quel bambino, anche con tutte le mie conoscenze scientifiche, arrivo a commuovermi fino alle soglia delle lacrime.

lunedì 26 ottobre 2009

L'amore



Mi chiamo Giusy e faccio il quarto liceo scientifico. Ho letto le sue interessanti risposte su questo BLOG, e mi chiedo se l'amore è veramente solo questione di biologia e di chimica, come ho sentito dire più volte. Mi viene difficile accettare un simile riduzìonismo, che và contro tutte le mie precedenti convinzioni. Cosa mi può dire su questo argomento?

Cara Giusy,
la tua domanda mi ha fatto ricordare un bellissimo articolo del corriere della sera del 2002, in cui la giornalista Serena Zoli presentava un libro di Donatella Marazziti, psichiatra e ricercatrice. Il libro si chiama “La natura dell’amore”, che consiglio di acquistare.

“Si dice che dell’amore si è detto tutto, eppure queste sono parole nuove. Non ancora un discorso, ma frammenti, balbettii, di un inedito discorso amoroso che, se anch’esso parte da batticuore ed estasi, è per cercare gli amplessi chimici, gli impulsi elettrici, i matrimoni cellulari che li provocano. Indagine meccanicistica sull’amore, profanatorio tentativo di crocifiggere i palpiti del cuore a formule e leggi di pura materia? Ma «sembra che la materia abbia una natura psicologica»: la replica non viene da aridi scienziati riduzionisti, ma dal poeta Goethe, che già sospettò impulsi d’ordine fisico per spiegare l’ineluttabilità delle Affinità elettive . E già Cartesio aveva collocato le passioni nella ghiandola pineale, o epifisi. E, ancora più indietro, già Ippocrate, secoli prima di Cristo, sanciva: «Sappiano gli uomini che dal cervello e solo dal cervello derivano piacere, gioia, riso così come tristezza, pena» e via via fino al pensare e al sentire, i sentimenti tutti. Le citazioni "alte" sono d’obbligo onde stornare l’accusa di violata umanità per chi si avventura nelle neuroscienze a dimostrare che «il corpo è il teatro delle emozioni». Donatella Marazziti, psichiatra e ricercatrice formatasi nella prestigiosa scuola dell’Università di Pisa, si appella in apertura di libro ( La natura dell’amore) anche a un nome più recente, Sandor Màrai, il romanziere ungherese che in un passo lega l’amore a una «volontà... nell’universo» la quale tocca «gli animi e i nervi» e «le menti più lucide».
La dottoressa Marazziti chiarisce subito che per ora di certo non c’è molto. Ma c’è quanto basta per ipotizzare una rete di sottotracce che, passando per amigdala e lobi frontali, ossitocina e serotonina, ippocampo e corteccia, finiscono per delineare il «ritratto» biologico, l’interfaccia corporea, dell’amore cantato dai poeti, analizzato dagli psicologi e, modestamente, provato da tutti noi, o quasi.
«Quasi» perché tra le patologie dell’amore la psichiatra annovera (come gli psicologi, del resto) l’incapacità o la paura di innamorarsi, e qui i maggiori sospetti - oltre che su un vissuto infantile disastroso o traumatica delusione, che costituirebbero l’«interfaccia» emotiva (e psicoanalitica) - cadono su un’amigdala malfunzionante o su una scarsa fornitura di dopamina (il professor Gessa dell’Università di Cagliari, noto ricercatore, ha battezzato questa sostanza chimica «la benzina del desiderio», quella che può far scoccare la «scintilla» dell’innamoramento).
Prove? Indirette. Persone con lesioni al nucleo cerebrale dell’amigdala presentano «cecità affettiva»: caso estremo, un paziente che restò impassibile alla notizia della morte improvvisa di entrambi i genitori. E chi soffre di depressione lamenta spesso la perduta capacità di provare sentimenti: in questi malati alterato e carente è soprattutto il sistema della serotonina, la sostanza o neurotrasmettitore chimico che più influenza l'amigdala. Ripristinata con gli psicofarmaci la corretta biochimica cerebrale, sparisce la depressione e ricompare la capacità d’amare.
«E’ dalle malattie che noi medici e ricercatori scopriamo i meccanismi interni del corpo e ipotizziamo quelli della normalità», spiega Donatella Marazziti, giovane donna graziosa con lunghi capelli biondi. «Sull’amore di sicuro sappiamo che certe patologie rendono incapaci di provarlo, ma accade anche che un innamoramento scateni gravi disturbi in persone fino a quel momento sane. E’ un tale sconquasso, l’amore...», commenta con un sorriso malizioso. Di questo sentimento la studiosa, che ha grande abilità di scrittura, fluida e accattivante, scrive con grande entusiasmo. Un entusiasmo da scienziata (la scienza dice che l’amore è stato inventato dalla natura per garantire la continuità della specie), ma ben colorato da una sensibilità di donna («l’amore è, può essere la più grande, e più rigenerante, gioia della vita»).
Quanto all’innamoramento che può scatenare - anche quando pienamente ricambiato! - disturbi ossessivo-compulsivo, depressivo e altri ancora, la spiegazione, già ipotizzata da Michael Liebowitz nel suo La chimica dell’amore nel 1983, sarebbe questa: l’innamoramento libera di colpo nel cervello un «diluvio» di sostanze simili all’anfetamina. Se quel cervello di quella persona ha una predisposizione a una certa malattia, le strutture già vulnerabili non reggono all’urto di quell’inondazione («anche se gioiosa, è comunque uno stress») ed ecco scatenarsi il disturbo fino allora latente.
Per indirizzarsi verso lo studio biologico dell’amore, che sta continuando in laboratorio («a settimane avrò la risposta se più alti livelli di ossitocina, un peptìde, garantiscono maggior durata della relazione affettiva»), la dottoressa Marazziti è partita da una constatazione di cui arrivò notizia sui giornali e a Quark : «Da innamorati, siamo invasi dal pensiero ossessivo dell’altro, allora mi sono chiesta se a livello biochimico si riscontrino somiglianze con quanti soffrono di disturbo ossessivo. Ho analizzato un certo numero di volontari (studenti, naturalmente) appena innamoratisi e un ugual numero di malati, e ho riscontrato nei due gruppi una analoga riduzione del sistema serotoninergico. Allora, perché non inseguire i possibili meccanismi della normalità in altre aree cerebrali?».
Ma a che scopo? Trovare farmaci per curare l’amore o anche veri filtri per fare innamorare? Oppure, come diranno altri, per spoetizzare il cuore e il sogno e ridurre l’uomo a una macchina? «No, no, come si può togliere poesia al sentimento più bello?», ride la Marazziti. Che, tornando scienziata, aggiunge: «Si pensi a Galileo: il suo cannocchiale, e successivamente i telescopi, hanno forse distrutto l’incanto del cielo stellato? O lo sbarco degli astronauti il fascino misterioso della Luna? No, spiegare la natura non significa diminuire l’uomo, ma permettergli di vivere meglio. Nel caso dell’amore, se arriviamo a capirne la vera realtà biologica, potremo liberarci dalle incrostazioni e deformazioni imposte dalla cultura e dalla società e viverlo nella sua pienezza originaria, prepotentemente naturale e umanissimo».”

Un caro saluto
Alessandra

Gli universi paralleli.



Anni fa mi è capitato tra le mani un libro, un vecchio Urania, che mi ha regalato un appassionato di fantascienza. Si intitolava “Assurdo Universo”. Non mi sono mai piaciuti molto i racconti di fantascienza, però ho trovato in questo una visione della realtà molto particolare: la teoria degli infiniti universi. Praticamente, secondo questa teoria, la realtà non è composta da un solo universo, il nostro, ma da infiniti universi paralleli. Esiste, ad esempio, un universo totalmente identico a questo, ma nel quale io ho i capelli biondi anziché castani, oppure gli occhi azzurri o verdi. Alcuni universi sono simili al nostro, altri sono talmente diversi che l'intelletto umano non li può comprendere. Questa teoria, per quanto mi sia sembrata assolutamente assurda, mi ha dato molto su cui riflettere. Ammettendo che questa teoria sia vera, tutto ciò che in questo universo non esiste, può esistere in un altro universo; e tutto ciò che in questo universo è falso in un altro può essere vero. In pratica “tutto è possibile se si considerano tutti gli universi”. Ogni volta che ci penso mi vengono le vertigini. Se così fosse, allora tutte le nostre domande esistenziali potrebbero tradursi nelle domande: in quale universo siamo? Siamo in un universo in cui esiste un ente supremo che controlla le nostre vite oppure no? Siamo in un universo in cui l'anima è immortale oppure no? Ma, soprattutto, se tutti gli universi esistono realmente, i concetti di vero o falso valgono ancora? Qualsiasi cosa io dica, per quanto assurda, può essere vera in un altro universo. E tutti i personaggi inventati nei libri, tutte le storie inventate, diventano reali al pari di noi. Una volta sono arrivata ad un'altra conclusione. Se esistono infiniti universi, forse il compito della nostra anima non è altro che uno sperimentare vite diverse in realtà diverse, alla ricerca della perfezione. La mia vita potrebbe quindi essere un esperimento, un tentativo. La mia anima forse comincerà una nuova vita dopo la mia morte, magari in un universo totalmente diverso da questo. Non so se ciò sia vero, ma la prospettiva mi piace.
Giulia


Cara Giulia,
Una dimensione parallela o universo parallelo è un universo ipotetico separato e distinto dal nostro ma coesistente con esso; nel senso scientifico del termine, nella stragrande maggioranza dei casi immaginati è identificabile con un altro continuum spazio-temporale. L'insieme di tutti gli universi paralleli è detto multiuniverso. Alcune teorie cosmologiche e fisiche dichiarano l'esistenza di universi multipli, forse infiniti, in alcuni casi interagenti, in altri no. Così come il viaggio nel tempo, il passaggio in una o più dimensioni parallele è un tema classico della fantascienza. Una realtà parallela, nell'ambito del fantastico, è chiaramente un espediente che lascia infinite possibilità, poiché se nella nostra realtà certe cose si sono evolute in altre, in quella parallela potrebbe non essere successo così. Una delle teorie sugli universi paralleli più citate dai fisici è stata l'interpretazione dei "molti mondi" della meccanica quantistica, proposta da Hugh Everett III nel 1956. Dal momento che viviamo in un universo pluridimensionale secondo le teorie cosmologiche di Hawking, di Michio Kaku ed altri autorevoli scienziati era più che lecito pensare alla possibilità di interferire con questi universi che potremmo chiamare paralleli; e fino a qualche anno fa si pensava che “I buchi neri potessero rappresentare un tunnel tra il nostro universo ed altri universi.”
Ma nel 2004, Hawking, dopo circa 35 anni, ha ammesso di aver perso la scommessa con un suo collega, ammettendo il suo errore e svelando quello che c'è di nuovo a proposito dei buchi neri. L'errore era stato ritenere che i buchi neri distruggessero tutto ciò che fagocitavano e, malgrado dopo eoni fossero destinati a dissolversi, niente di ciò che c'era prima poteva sopravvivere, in nessuna forma. Invece le cose non starebbero in questo modo. Hawking è giunto alla conclusione che nel processo di disintegrazione dei buchi neri, la materia e l'energia che li costituiva viene restituita agli orizzonti infiniti dell'universo in una forma stravolta, ovvero in nessun modo riconoscibile rispetto a com'era prima. Nella sua precedente visione, Hawking ammetteva anche la possibilità che la materia caduta in un buco nero, finisse in un universo parallelo. "Non c'è un altro universo neonato dall'altra parte, come pensavo una volta," ha affermato Hawking, dispiacendosi con gli appassionati di fantascienza. "Ma l'informazione rimane saldamente nel nostro universo e non c'è alcuna possibilità di usare i buchi neri per viaggiare verso altri universi".
Un’altra domanda ancora irrisolta, sempre derivante dalla meccanica quantistica, che potrebbe ipotizzare degli scambi con universi paralleli, è quella relativa al cosiddetto TUNNEL QUANTISTICO, in cui la materia scaturisce dal NULLA (vedi il POST precedente in cui si introduce la meccanica quantistica, spiegata da Tiziano Cantalupi, e l’immagine dell’onda che per superare un ostacolo, prende in prestito più energia, e superato l’ostacolo la restituisce). Non sappiamo, ancora, se questa materia avuta in prestito viene proprio dal NULLA o da un universo parallelo.
Vediamo, invece, qual’è una delle teorie scientifiche oggi più condivise. La Teoria delle superstringhe è un tentativo di spiegare tutte le particelle e le forze fondamentali della natura in un'unica teoria considerandole come vibrazioni di sottilissime stringhe supersimmetriche (ovvero i mattoni dell’universo). Tale teoria prevede un universo ad 11 dimensioni, che genererebbe 10 elevato a 500 universi paralleli (ovvero una numero con 501 cifre, in pratica, quasi infinito). La nostra mente trova difficile visualizzare queste dimensioni perché noi possiamo muoverci soltanto in uno spazio a tre dimensioni.
Nella visione di questa teoria, ogni universo sarebbe differente dagli altri, in un modo che è difficile anche da concepire, ma sicuramente diverso da come ipotizzato nei film o racconti di fantascienza, in cui, ad esempio, tutto ciò che in questo universo è falso in un altro può essere vero. Per quanto riguarda il concetto di “anima”, spero di riprenderlo in uno dei prossimi POST di questo BLOG; ma preannuncio già di non credere ad un’anima di carattere metafisico classico come la ipotizzava, ad esempio, Platone. In questa nuova concezione, meno in contrasto con il progresso scientifico, l’anima difficilmente viaggerebbe da un universo parallelo ad un altro.
Un caro saluto
Alessandra

L'innamoramento




Che cos'è l'amore? Questa è una domanda a cui è molto difficile rispondere e penso che molte persone rimarrebbero spiazzate di fronte a questo quesito. Sul vocabolario alla voce " amore " si legge: "affetto intenso, assiduo, fortemente radicato per qualcuno ". Secondo me, però, non esiste una vera e propria definizione della parola " amore ", perché ognuno di noi ha una diversa concezione di questo particolare sentimento. Se dovessi dare io una definizione di " amore ", direi che si tratta di un sentimento di affetto verso qualcuno che si manifesta in maniera diversa da persona a persona. Tale sentimento può essere provato verso i propri genitori e parenti, ma in questa lettera vorrei analizzare l'amore che riguarda l'attrazione per una persona del sesso opposto. Io penso di essermi innamorato veramente una volta sola nella vita, ed è successo quest'estate mentre ero al mare con i miei amici; e mi sono accorto che stava accadendo dentro di me qualcosa di strano, di inspiegabile e che, tutto ciò era causato dalla mia amica in vacanza con noi. Non avevo mai provato una tale sensazione prima di allora, ero felice, euforico, il cuore mi batteva forte quando le si avvicinava, diventavo rosso, spesso facevo fatica a parlare insieme a lei e la notte non riuscivo a dormire. A poco a poco mi sono accorto di essermi innamorato e ho cominciato a chiedermi cosa potevo fare perché lei si accorgesse di me, ripromettendomi migliaia di volte che alla prima occasione le avrei rivelato i miei sentimenti, ma al momento opportuno mi mancava sempre il coraggio, non so bene per quale motivo, ma non ce la facevo proprio a confessarmi. Mi sono chiesto spesso perché ogni volta le parole che mi ero preparato e che avrei voluto dirle mi rimanevano bloccate in gola. Forse avevo paura che mi rifiutasse, della derisione dei miei amici se fossero venuti a saperlo, o forse era solo il coraggio a mancarmi, ma ha fatto sta che, rimandando rimandando, sono arrivato fino a oggi e la situazione non è cambiata di una virgola, e so che continuando così non cambierà mai e, se devo essere sincero, la cosa mi fa stare molto male. Devo dire che scrivere questa lettera mi è costato molto, perché non sono abituato a scrivere i " fatti miei " su un pezzo di carta, e provo anche un certo imbarazzo pensando che un'altra persona leggera ciò che ho appena scritto. Molto probabilmente penserà che sono un debole e un immaturo, ma purtroppo sono fatto così e anche se sto cercando di cambiare in tutti i modi non ce la faccio proprio a modificare il mio carattere. Non so bene come concludere la lettera perché non ho vere e proprie domande da porre e molto probabilmente quello che ho scritto non è nemmeno un granché, ma se devo dire la verità, già solo scrivere queste tre pagine di foglio protocollo è stata un'impresa per me molto più impegnativa che studiare filosofia o storia e non avrei mai pensato che fosse così difficile. Grazie! Simone, 17 anni

Caro Simone,
L'amore è un sentimento intenso e totalizzante rivolto verso una persona, un animale, un oggetto, o verso un concetto, un ideale. Nel post precedente, abbiamo trattato il sentimento dell’amicizia, in special modo dal punto di vista neuro scientifico di Antonio Damasio, che ha studiato il contributo delle emozioni e dei sentimenti alla strutturazione del nostro sé. Per lui, le «emozioni» (per esempio il piacere, il dolore, il disgusto e la paura) sono risposte involontarie, e in qualche caso innate, che compaiono precocemente nella vita dell’organismo insieme agli appetiti. I «sentimenti», invece, sono mappe e immagini con le quali il cervello rappresenta le proprie risposte agli stimoli emozionali e sensoriali, esterni e interni. Tanto le emozioni quanto i sentimenti sono componenti inseparabili del nostro modo di accogliere la realtà, compreso il modo in cui pensiamo.
La visione di Damasio, oggi, è quasi una conferma di una parte del pensiero di Schopenhauer. Per quest’ultimo la coscienza è "destinata in origine al servizio della volontà e alla realizzazione dei suoi disegni", ossia è al servizio dell'inconscio. E' l'inconscio la causa vera del comportamento, mentre le motivazioni coscienti sono ridotte ad un ruolo subordinato, che mascherano le reali cause dell'agire, che non appartengono al piano della coscienza. Ad esempio, la sessualità, che per Schopenhauer è dettata dall'impulso di autorealizzazione della volontà, e, benchè sia orientata verso la riproduzione della specie, tuttavia si ammanta di tutta una serie di motivi che tendono a nobilitarla e a spiritualizzarla. L'amore romantico è dunque una maschera, dietro la quale opera il freddo genio della specie. “Ogni innamoramento, per quanto etereo voglia apparire, affonda sempre le sue radici nell'istinto sessuale e l’uomo vede nella bellezza della donna il miglioramento della specie”.
Come l'amore sessuale è un MEZZO, sperimentato dall’evoluzione biologica, per ottenere la riproduzione, l'amore materno è un MEZZO per ottenere la cura della prole, l'innamoramento è un MEZZO per stabilizzare le coppie per permettere la trasmissione del linguaggio e della cultura (qualità umana che non si riscontra in nessun altro essere vivente).
Nel post precedente abbiamo visto, anche, che le emozioni precedono i sentimenti, perché si sono evoluti prima; ma in certi casi i sentimenti (come l’amore) generano, a loro volta, altre emozioni. Da queste emozioni deriva quanto esposto nella tua lettera, ovvero rossore, balbettamenti, dubbi, esitazioni, paure, sensazione di sentirsi il cuore in gola, soffocamenti, ansie, sogni, desideri, tristezza alternata ad euforia, etc.. Sensazioni ed emozioni, che ti assicurano capitano, quasi, a tutti, specialmente in occasione del primo amore.
Dal punto di vista della psicologia, (vedi wikipedia), “pur essendoci dei caratteri comuni, la maggior parte delle reazioni o delle pulsioni amorose sono soggettive e variano da individuo a individuo; tuttavia ci sarebbero, secondo la maggior parte degli psicologi e degli scienziati, tre fasi principali nell'amore fra esseri umani: infatuazione o (Innamoramento), attrazione e attaccamento, composte da vari elementi e stadi.
Generalmente, l'amore comincia nella fase dell'"infatuazione", forte nella passione ma debole negli altri elementi. Il primo sprone di questa fase sarebbe l'istinto sessuale. L'aspetto fisico, e altri fattori, giocherebbero infatti un ruolo decisivo nel selezionare possibili compagni o compagne. In questa fase l’amore è puramente materiale: si apprezza il/la compagno/a nella sua apparenza corporea, nella sua pura esteriorità. Quello che inizia con l'infatuazione può svilupparsi in uno dei tipi d'amore più pieni.
Con il passare del tempo gli altri elementi (affetto, attaccamento) possono crescere e la passione fisica può diminuire d'importanza, mantenendo però quell'equilibrio alla base della relazione. In questa fase, detta "attrazione", si giudica il partner al di là di come appare, si valutano diversi fattori come la sua cultura, i suoi valori. In questa fase, quindi, si apprezza il/la compagno/a nella sua pura interiorità.
Nella fase dell'"attaccamento", la persona si concentra sul singolo compagno e la fedeltà assume importanza. Ormai si apprezza il/la compagno/a in sé e per sé, in modo pieno e totale, forti delle due fasi precedenti ma ora consapevoli di tutto il proprio percorso interiore. Ora non si amano più caratteristiche determinate, siano esse materiali o spirituali, ma l’uomo/la donna in quanto tali.
Sebbene gli esseri umani non siano in genere sessualmente monogami, si ritiene tuttavia che siano emozionalmente monogami: possono amare (romanticamente) una sola persona alla volta. Quando una persona condivide con un'altra un amore per un lungo periodo di tempo, sviluppa un "attaccamento" sempre più forte verso l'altro individuo.
Per quanto riguarda l'eventuale presenza di figli, secondo altre recenti teorie scientifiche sull'amore, questa transizione dall'attrazione all'attaccamento avverrebbe in circa 30 mesi: il tempo di portare a termine una gravidanza e di curare la prima infanzia del bambino. Dopo questo periodo la passione diminuirebbe, cambiando l'amore da amore romantico a un semplice piacere nello stare insieme. Quest'ultima fase durerebbe dai 10 ai 15 anni: finché la prole ha raggiunto l'adolescenza o più tardi (con variazioni considerevoli da cultura a cultura)”.
Di solito una relazione che si basa su più fattori (affetto, attaccamento, stima, interessi comuni, attrazione sessuale) ha più possibilità di riuscita di una basata sulla sola attrazione sessuale. Questo "determinismo dell'amore", funzionale unicamente alla cura del bambino, è stato criticato da più parti, in particolare dai sostenitori dell'intelligenza emotiva.
L'amore e la paura di perdere la persona o la cosa amata, accompagnano spesso un sentimento di protezione e/o gelosia verso l'oggetto di tale sentimento. In taluni casi l'amore assume aspetti patologici, quando è la causa che impedisce la conduzione di una vita normale o l'elemento scatenante di un attaccamento morboso.
Un caro saluto
Alessandra

L'amicizia


Molte volte mi è capitato nella mia vita quotidiana di fermarmi un attimo e di allontanarmi dalla solita frenetica vita per il solo motivo di pensare e riflettere: già, certe volte mi passa in mente la domanda (che può anche parere stupida...): " ma esiste una vera amica, la cosiddetta best friend? ". Qualche volta ho provato a darmi una risposta, nella maggior parte di queste ho creduto che ci fosse davvero... ma poi, un po' a causa di quello che mi succede (cioè le relazioni che ho con le mie amiche) e un po' io che cambio sovente idea... non sono affatto sicura della risposta. Una persona che ti aiuti nel momento del bisogno, che non ti tradisca mai, che tiene per sé (e solo per sé) tutti i segreti che le confidi, con cui è piacevole stare insieme... come una mezza sorella... questa persona esiste davvero? Sembra più che altro un personaggio delle favole, in cui tutto è fantasia e la vita solo un “lieto fine”. Io mi definisco molto sensibile, cioè per ogni minimo disaccordo o discussione, rimango sempre molto male, non perché sono permalosa, ma perché credo di aver ferito involontariamente un'altra persona senza volerlo. Ho avuto molte carissime amiche e fino all'ultimo credevo che fossero veramente uniche e speciali, ma poi scattava sempre qualcosa che ci allontanava (ad esempio, degli atteggiamenti un po' a “tradimento”). Come si fa a riconoscere una migliore amica?
Irene



Cara Irene,
“L’amicizia, insieme all’amore, è uno dei sentimenti, o stati emozionali, fondanti della vita sociale. In quasi tutte le culture l’amicizia viene intesa e percepita come un rapporto alla pari, basato sul rispetto, la stima, la disponibilità reciproca, che non pone vincoli specifici sulla libertà di comportamento delle persone coinvolte” (vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Amicizia ).
Vediamo, quindi, dal punto di vista neuroscientifico, che cosa sono le emozioni ed i sentimenti. Uno dei più grandi neuro scienziati viventi, Antonio Damasio (vedi: http://www.filosofico.net/damasioantonio.htm), portoghese e ricercatore negli USA, è famoso in tutto il mondo per aver scritto tre libri (L'errore di Cartesio. Emozioni, ragione e cervello umano, Adelphi, Milano, 1994; Emozione e coscienza, Adelphi, Milano, 2000; Alla ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti e cervello, Adelphi, Milano, 2003).
Secondo le ricerche di Damasio, nei processi mentali, per primo viene il meccanismo dell’emozione. Le emozioni, che condividiamo anche con molti animali inferiori, sono le componenti del processo biologico che rimangono private (ovvero personali) ed esibite nel corpo. Sono costruite a partire da semplici reazioni automatiche, senza ragionamento, che promuovono la sopravivenza dell’organismo e che pertanto si conservano nell’evoluzione, trasmettendosi ai discendenti, tramite le funzioni trascrizionali del DNA. I sentimenti, che condividiamo con molti animali superiori (ovvero più evoluti), invece, sono le componenti del processo esibite e rese pubbliche, ed esibite anche nella mente, anziché nel corpo. Ne consegue la funzione di produrre una mappa cerebrale e poi un’immagine mentale (o idea) dello stato dell’organismo che ne risulta, cioè il sentimento. In termini più comprensibili, “le emozioni sono modificazioni del nostro corpo, soggettivamente rilevabili ed oggettivamente misurabili in termini di livelli della temperatura corporea, frequenza del battito cardiaco, valori della pressione arteriosa e così via, mentre i sentimenti sono percezioni, immagini mentali e pensieri relativi a quelle modificazioni del corpo, che vengono elaborati dalla nostra mente in un'ampia gamma di sfumature comprese tra il piacere e il dolore ovvero tra il benessere e la sofferenza. Quindi "l'emozione e le reazioni affini sono schierate sul versante del corpo, mentre i sentimenti si trovano su quello della mente".
Damasio ribadisce che l’integrità dei meccanismi dell’emozione e del sentimento è necessaria per un comportamento sociale umano normale. I sentimenti "ci aiutano a risolvere problemi non standard che implicano creatività, giudizio e processi decisionali.”. Non potremmo sopravvivere senza le emozioni ed i sentimenti.
Ho fatto questa brevissima introduzione neuroscientifica per sottolineare che il punto di partenza di Damasio, sostenuto dall'osservazione di diversi casi clinici, ed ormai quasi universalmente accettato dalla comunità scientifica internazionale, è che il cervello non può essere studiato senza tener conto dell'organismo a cui appartiene e dei suoi rapporti con l'ambiente.Da qui, il carattere umano, non metafisico e non idealizzato, dei sentimenti in generale e dell’amore e dell’amicizia, in particolare.
“Nel divenire dello sviluppo dell' emotività individuale, le amicizie vengono dopo il rapporto con i genitori e prima dei legami di coppia che si stabiliscono alla soglia della maturità. Nel periodo che intercorre fra la fine dell'infanzia e l'inizio dell'età adulta, gli amici sono spesso la componente più importante della vita emotiva dell'adolescente, e spesso raggiungono un livello di intensità mai più eguagliato in seguito. Queste amicizie si stabiliscono il più delle volte, ma non necessariamente, con individui dello stesso sesso ed età”. Sono anche frequenti amicizie tra uomini ed animali superiori (tipo cani, gatti, cavalli, etc.), o anche tra animali di specie diverse.
La vera amicizia è quindi, ormai, un’esigenza della nostra vita sociale e a cui quasi tutti aspiriamo. Sta però a noi o al libero arbitrio di entrambi gli amici, coltivare, alimentare e far fruttificare l’amicizia perché come tutte le cose umane (amore compreso) si può deteriorare ed interrompere, specialmente quando entriamo nella fase matura in cui subentra l’amore. Alcune belle amicizie, come a volte l’amore, durano però per tutta la vita; ma non dipende solo da una delle parti, ma da entrambe. Per cui se un’amicizia si rompe, non è auspicabile colpevolizzarsi, ma al limite analizzare l’esperienza per ricavarne insegnamenti per il futuro.
Come riconoscere una vera amicizia? Una vera amicizia si riconosce esattamente in base alla sua definizione, ovvero se è “un rapporto alla pari, basato sul rispetto, la stima, e la disponibilità reciproca, che non pone vincoli specifici sulla libertà di comportamento delle persone coinvolte”.
Un caro saluto
Alessandra

domenica 25 ottobre 2009

Cos'è la meccanica quantistica?


Sono un studente del terzo liceo scientifico. Un mio amico mi ha parlato di un esperimento, fatto nel 2007 alle isole Canarie, di trasporto di dati in assenza di onde radio. Sembra che dei DATI siano stati spostati per chilometri attraverso i campi quantici. Un qualcosa di simile al teletrasporto che si vede nella serie Televisiva Star Trek. Ho, quindi, cercato di verificare se mi aveva preso in giro ed ho fatto delle ricerche su internet. A quanto ho capito, non solo è vero, ma sembra che la “meccanica quantistica” stia capovolgendo molte asserzioni fisiche e di conseguenza anche filosofiche. Ora sembra che anche i computer del futuro utilizzeranno, per essere velocissimi, questa funzione che si chiama “Non localismo”. Non mi spiego come mai non lo avevo mai sentito prima e nessuno ne parla frequentemente. Grazie.
Arturo

Caro Arturo,
hai perfettamente ragione. Purtroppo la meccanica quantistica è una scienza così ostica, basata su formule matematiche molto complesse, che non è semplice da spiegare. Tra tutti gli autori e divulgatori che conosco, ti consiglio di leggere qualcosa di Tiziano cantalupi, che ha il pregio di essere più comprensibile rispetto ad altri. Vedi http://web.archive.org/web/20071103180127/http://www.geocities.com/capecanaveral/hangar/6929/Mqfull.html, di cui riporto qui la parte iniziale del contenuto del link:


"LA TEORIA QUANTISTICA : UNA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA E FILOSOFICA PASSATA SOTTO SILENZIO di Tiziano Cantalupi

Le grandi rivoluzioni della scienza sono spesso seguite da sconvolgimenti in campo filosofico e sociale. Le tesi di Copernico, ad esempio, il quale sostenne che la Terra non occupava il centro dell’universo, innescarono un processo di sgretolamento di dogmi religiosi e filosofici che cambiarono profondamente la società europea degli inizi del Rinascimento. La teoria evoluzionistica di Darwin (secoli dopo), con la distruzione della credenza in uno stato biologico speciale degli esseri umani, produsse effetti simili. Le teorie di Einstein infine, con l’affermazione che "tutto è relativo", diedero una spallata definitiva ad un certo modo, "assolutistico", di intendere la scienza e la vita. Con questi presupposti, desta notevole stupore che la più grande rivoluzione scientifica di tutti i tempi sia passata per lo più inosservata agli occhi del grosso pubblico. E questo non già perché le sue implicazioni abbiano scarso interesse, ma perché queste implicazioni sono talmente sconvolgenti da risultare quasi incredibili persino per gli stessi scienziati che le concepirono. La rivoluzione di cui si sta parlando si è consumata, nella sua fase più "cruenta", durante i primi trenta anni del ventesimo secolo ed è conosciuta col nome di Teoria Quantistica o Meccanica Quantistica.

Nata come tentativo di spiegare la fisica delle particelle elementari, la Teoria Quantistica in seguito crebbe sino ad incorporare gran parte della microfisica e parte della macrofisica. Oggi fra alterne vicende può dirsi (nella sua versione ortodossa) universalmente accettata.

Sebbene attualmente nessuno dubiti della sua efficacia pratica ci sono ancora ampie schiere di studiosi che ne mettono in discussione le conseguenze, specie quando queste conseguenze vengono estese alla natura della realtà.

Fondamenti della meccanica quantistica :

- Non esiste una realtà obiettiva della materia, ma solo una realtà di volta in volta creata dalle "osservazioni" dell’uomo.

- Le dinamiche fondamentali del micromondo sono caratterizzate dall'acausalità.

- E’ possibile che, in determinate condizioni, la materia possa "comunicare a distanza" o possa "scaturire" dal nulla.

- Lo stato oggettivo della materia, è caratterizzato da una sovrapposizione di più stati.

La conclusione più sconvolgente che si può trarre da quanto sino ad ora affermato è senza dubbio quella che asserisce che la realtà è tale solo se è presente l’uomo con le sue "osservazioni" ; con i suoi esperimenti. A differenza delle precedenti rivoluzioni scientifiche, le quali avevano confinato l’umanità ai margini dell’universo, la Teoria Quantistica riporta l’uomo ("l’osservatore") al centro della scena. Alcuni eminenti scienziati si sono spinti a ipotizzare che la Teoria dei Quanti abbia perfino risolto l’enigma del rapporto tra Mente e Materia, asserendo che l’introduzione nei processi di misura quantistica dell’osservazione umana è un passo fondamentale per il costruirsi della realtà.

UN GRANDE DIBATTITO

Seppur fortemente avversata sin dal suo apparire (Einstein per manifestare la sua contrarietà arrivò a coniare la frase "Dio non gioca a dadi") la Meccanica Quantistica, è oggi universalmente accettata. Essa, oltre spiegare processi a livello microscopico come la stabilità dell’atomo o processi macroscopici come la superconduttività, ha ottenuto recenti eclatanti conferme sperimentali : si pensi alla diseguaglianza di Bell. Ciononostante il grado di diffidenza nei confronti di questa materia - sempre in bilico tra Fisica e Metafisica - è rimasto (come si diceva anche dianzi) alto. I suoi assunti, al limite dell’assurdo, mettono a dura prova le menti più aperte.

Anche nell’era dei computer superveloci, la Teoria Quantistica più che una scienza "accettata" si caratterizza per una scienza "subita". E sono soprattutto gli studiosi di microfisica, i quali ogni giorno hanno a che fare con i suoi assunti filosofici e con il suo formalismo matematico, che più soffrono questo stato di cose. Recentemente però, una agguerrita schiera di fisici, la cui punta di diamante è rappresentata dall’inglese S.Hawking, è riuscita a rovesciare la situazione, volgendo a loro favore proprio quelle "conseguenze" della Meccanica Quantistica che maggiormente rendevano perplessi i fisici atomici. In questo contesto Hawking crea una vera e propria disciplina scientifica ; la Cosmologia Quantistica, attraverso la quale molti misteri dell’universo trovano una razionale spiegazione. E questo, come detto, partendo proprio dagli assunti quantistici più "rivoluzionari". In questa nuova prospettiva trova coerente giustificazione la nascita della materia dal nulla.

La Fisica del Quanti, in effetti, prevede che in determinate condizioni la materia possa scaturire dal nulla. Questa non è fantascienza, ma scienza nel senso più alto del termine. E qui tornano alla mente le profetiche parole del grande W.Heisenberg quando affermava : "La più strana esperienza di quegli anni [1920 – 1930] fu che i paradossi della Teoria Quantistica non sparirono durante il processo di chiarificazione; al contrario, essi divennero ancora più marcati e più eccitanti ... ".

Sì, "eccitanti", è la parola giusta per definire il ventaglio di possibilità che allora si dischiudeva e che anche oggi può dischiudersi affrontando senza condizionamenti la Teoria dei Quanti.

Una nuova interpretazione del principio quantistico denominato "Probabilismo", ad esempio, deporrebbe a favore del libero arbitrio. Una lettura a trecentosessanta gradi della diseguaglianza di Bell (diseguaglianza che dimostra la possibilità di azioni a distanza) prova che l’universo non può più essere considerato una mera collezione di oggetti, ma una inseparabile rete di modelli di energia vibrante, nei quali nessun componente ha realtà indipendente dal tutto.

IL PROBABILISMO E L’ACAUSALITA’

All’inizio del ventesimo secolo, i fisici ritenevano che tutti i processi dell’universo fossero perfettamente calcolabili purché si avessero a disposizione dati di partenza sufficientemente precisi. Questa filosofia deterministica aveva preso le mosse due secoli prima quando Newton, con la sua legge di gravitazione universale, era riuscito a descrivere le orbite dei pianeti. In un sol colpo lo scienziato inglese aveva dimostrato che una mela che cade da un albero e un corpo celeste che si muove nello spazio, sono governati dalla stessa legge : l’universo ticchettava come un gigantesco orologio perfettamente regolato.

Ma in concomitanza con la fine dell’epoca vittoriana, quella presuntuosa sicurezza svanì ; avvenne nel momento in cui i fisici tentarono di applicare quelle leggi meccanicistiche al comportamento del mondo atomico. In quel minuscolo regno, gli eventi non fluiscono armonicamente e gradualmente con il tempo, ma si modificano in modo brusco e discontinuo. Gli atomi riescono ad assorbire o liberare energia solo in forma di pacchetti discreti chiamati Quanti (da qui il termine Meccanica Quantistica). A questo livello la natura non funziona più come una macchina, ma come un gioco di probabilità. Nei primi decenni del nostro secolo lo scienziato danese Niels Bohr scoprì che le particelle atomiche si comportavano in modo molto meno prevedibile che non gli oggetti ordinari come le matite o le palle da tennis. Le parole "sempre" e "mai", di cui si faceva largo uso per i processi del mondo macroscopico, dovettero essere rimpiazzate dai termini "spesso" e "raramente". Non si poteva dare più nulla per scontato.

Elementi come le orbite percorse dagli elettroni attorno al nucleo, non potevano più essere definite con precisione. Anche il "quid" che ad un certo punto induceva l’atomo radioattivo alla disintegrazione doveva sottostare alle leggi della probabilità." ......continua...
Un caro saluto

Alessandra

A cosa servo io?


 
C'è stato un periodo nella mia vita in cui tutto ciò che facevo era sbagliato. Ero sempre in lite con la mia famiglia, litigate grosse e senza un motivo in particolare; con gli amici era nata una specie di indifferenza che però a me importava. Una sera, durante una delle ormai soventi litigate, mia madre, arrabbiatissima, mi ha detto: "continua a vivere nel tuo mondo, ci credo che non hai fatto nulla di male, perché non fai nulla ".
È vero, a cosa servo io? Se non servo a nulla perché sono nata? Fa male sentire cose del genere dette da una persona che, sono più che sicura, mi reputa la cosa più importante che ha, ma questo l’ho capito dopo. Dopo essermi arrabbiata con me stessa ho capito che non è vero che sono inutile, o per meglio dire me l'hanno fatto capire. Secondo me, se non ci fossi la vita di tutti quelli che mi circondano non sarebbe così... Io alla fine non sono che un anello di una lunghissima catena, questa è resistente proprio perché ci sono anch'io, e non posso essere sostituita, perché qualsiasi altra persona non combacerebbe così bene come me. All'inizio mi sembrava un po' egoistico come ragionamento, ma è l'unico che è riuscito a sollevarmi un po’.


Sara

Cara Sara,
nell’universo tutto si evolve, e in particolar modo nelle sue componenti biologiche. La natura (per i credenti, in base a un progetto di massima di Dio) sperimenta continuamente nuove variazioni degli organismi al fine di migliorarli e di adattarli all’ambiente, che si evolve a sua volta. Ogni essere biologico è, quindi, scelto per questa sperimentazione e fa la sua parte in un contesto molto più vasto (in comunità di individui, o in comunità di specie). Sotto un certo aspetto anche noi esseri umani siamo l’insieme, o una comunità, di tante singole cellule che concorrono ad un fine comune. Non possiamo entrare nella comprensione delle singole motivazioni delle scelte della natura (Famosa è la frase di Einstein, che disse “Dio non gioca ai dadi”; ma Bohr gli rispose “Einstein non dire a Dio quello che deve fare”). Noi dobbiamo considerarci esseri SCELTI dalla natura (o da Dio), e di questo dobbiamo essere orgogliosi, anche se non conosciamo, a priori, il fine della nostra singola esistenza. Gli esseri umani, però, hanno in più delle qualità che li distinguono da tutti gli altri esseri viventi da noi conosciuti, ovvero la COSCIENZA e il LIBERO ARBITRIO. Per un essere umano, la domanda non dovrebbe essere “a cosa servo”; ma, visto che abbiamo razionalità e libero arbitrio, dovrebbe essere: “Che cosa possiamo fare per DIVENTARE PROSSIMO PER GLI ALTRI UOMINI, e per SALVAGUARDARE l’ambiente in cui viviamo, e su cui vivranno le discendenze della specie umana?” Noi non siamo degli oggetti, o degli animali senza coscienza, ovvero dei soggetti passivi. Noi siamo chiamati a MIGLIORARE L’EVOLUZIONE UMANA e LA SUA SERENITA’ in tutti i suoi molteplici aspetti. Ogni singola goccia del nostro operato può concorrere al bene comune e al bene universale. Per i cristiani, la strada è segnata, e in aggiunta a quanto sopra detto, e in accordo con il messaggio evangelico: “Agire con carità e solidarietà verso gli altri uomini, specialmente verso coloro che ne hanno più bisogno, come hanno fatto, ad esempio, San Francesco e Madre Teresa di Calcutta”.
Un caro saluto,
Alessandra

Evoluzione delle religioni.


Spesso sento dire che il concetto di Dio è innato nell’uomo. Poi penso che se è vero che discendiamo dagli Australopitechi, anche loro avevano il concetto di Dio innato? Altri dicono che le religioni sono l’oppio dei popoli e che sono nate per la paura nell’uomo della morte. Non so a chi credere. Può dirmi qualcosa in merito?
Francesca


Bella domanda la tua, e sono felice di chiarire molti malintesi e pregiudizi.
Quando parliamo di “DIO” o di qualunque altre forma di entità soprannaturale, dobbiamo essere consapevoli che è una “nozione” non molto precisa e Gerardus van der Leeuw, nel suo libro Fenomenologia della religione, ci sottolinea che l’esperienza religiosa vissuta si riferisce a qualche cosa DI DIVERSO, CHE SORPRENDE, che esce dall’ordinario.
La credenza più antica è generata da osservazioni empiriche; e per la maggior parte dell’evoluzione della religione primitiva, dobbiamo sostituire all’immagine di Dio (concepita solo negli ultimi millenni), la semplice NOZIONE del diverso, dell’eterogeneo, dello straordinario.
Il soprannaturale, in qualunque sua forma, è dotato di Potenza (o MANA), e non è di natura fisica, ma si rivela nella forza fisica o in tutte le forze e capacità possedute dall’uomo.
Sciamanesimo, in antropologia culturale, è un termine che indica l'insieme delle credenze ed il modo di vivere e di vedere il mondo, di società animiste non alfabetizzate, imperniato intorno ad una particolare figura di guaritore-saggio ed alla sua attività magico-religiosa: lo sciamano.

Lo sciamanesimo si riferisce a una vasta gamma di credenze e pratiche tradizionali che comprende la capacità di diagnosticare e curare malattie, nonché tutti i possibili problemi della comunità e del singolo, dal come procurarsi il cibo al come sbarazzarsi dei nemici. Ciò attraverso l'asserita capacità dello sciamano di "viaggiare" in stato di trance nel mondo degli spiriti e di utilizzare i loro poteri. È questa la principale caratteristica dello sciamano che lo contraddistingue da altre forme di guaritore.

Lo sciamanesimo è un'antichissima pratica transculturale che presenta caratteri distintivi ben precisi e comuni, all'interno di una struttura flessibile, capace cioè di adattarsi a diverse culture e religioni.

Riportiamo, quindi, un breve riassunto dell'evoluzione antropologica:
Il numero di “Science” del 2 ottobre è stato dedicato alla descrizione dell’Ardipithecus ramidus, l’ominino riportato alla luce tra il 1992 e il 1995 da Tim White ad Aramis, in Etiopia, e datato a 4,4 milioni di anni fa, una forma né scimmia e né uomo. E’ un antenato di Lucy, l’australopiteco vissuto circa 3,5 milioni di anni fa; e discende dagli antichissimi ardipitechi, vissuti fra 7 e 4,4 milioni di anni fa. Anche se non è esattamente l’anello mancante, si ci avvicina moltissimo. Dagli australopitechi discende poi il genere homo. (vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Evoluzione_umana).
Un milione di anni fa, una nuova specie denominata Homo Erectus (che aveva da poco soppiantato cugini più antichi come l'Homo Ergaster e l'Homo Habilis) aveva fatto la sua comparsa in Africa e in Asia e si era spinta successivamente anche in Europa e in Italia.
Per migliaia di anni, deserti, ghiacciai e vasti mari interni avevano isolato i vari gruppi di ominidi.
Nell'ambiente gelido e inospitale dell'Europa settentrionale si era sviluppata una nuova specie ben adattata al freddo: l'Uomo di Neanderthal appunto. L' Homo di Neanderthal è stato una delle specie umane di maggior successo in assoluto. Per 250.000 anni ha dominato l'Europa, un continente stretto dalla morsa delle ere glaciali e popolato da belve e animali selvatici.
Poi, 100.000 anni fa, la sfida decisiva: l'arrivo - ancora dall'Africa - di un'altra specie umana.....l' Homo Sapiens. La fenomenologia delle religioni risale almeno all’uomo di Neanderthal, con il culto dei morti e degli antenati, e si replica poi nell’homo sapiens, con lo sciamanesimo.
Nei pressi di Baku, in Azerbaigian, nel sito di Qobustan, vi è un insediamento con numerose incisioni rupestri del periodo neolitico. Si possono ammirare più di 4000 iscrizioni che risalgono a oltre 12.000 anni fa e pitture rupestri che ritraggono uomini e donne dell'età della pietra impegnati nella caccia o in danze rituali. Si ritiene che le loro danze fossero accompagnate dalle melodie del Gaval-Dashy (la pietra tamburino), una roccia che emette un suono profondo e risonante quando viene sfregata. Segno che già a quel tempo esistevano religioni primitive post sciamanesimo.
Bisogna aspettare i Sumeri, con l’invenzione della scrittura per passare dalla preistoria alla storia. La Mesopotamia, nel periodo che va dalla fine dell'ultima età glaciale (c. 10000 a.C.) e l'inizio della storia,venne abitata da varie civiltà come quella Ubaid e quella Uruk. Uno dei siti neolitici più vecchi conosciuti in Mesopotamia è Jarmo, datato 7000 a.C. circa. A partire dal 3500 a.C. la Mesopotamia venne abitata da fiorenti civiltà come i Sumeri, gli Accadi, i Babilonesi, gli Assiri, gli Ittiti, gli Hurriti e i Cassiti. Alcune di queste civiltà fecero importanti scoperte e invenzioni. Per esempio i sumeri furono tra i primi a inventare la scrittura mentre i babilonesi hanno inventato uno dei primi codici di leggi della storia, il Codice di Hammurabi.

RELIGIONE SUMERA:
I Sumeri adoravano una triade principale, rappresentata da An, dio del cielo; da Enlil, dio dell'aria, o dell'alito del vento e delle grandi tempeste (si consideri che il territorio è alluvionale e palustre; la parola paradiso, di derivazione indoeuropea, significa forse giardino palustre) ; e da Enki, dio della terra o del sottosuolo. Veneravano inoltre la dea Inanna, dea dell'amore e della guerra (equivalente alla dea Accadica Ishtar), il dio Dumuzi, dio della pastorizia, il dio Ningirsu patrono della città di Lagash, la dea Nammu, dea generatrice, e altre divinità, circa seicento, suddivise fra dei minori ed oggetti sacri.

Gli dei Sumeri (dingir, plurale dingir-dingir oppure dingir-e-ne) erano generalmente i patroni di particolari città, dove venivano venerati e avevano il loro tempio. La loro importanza religiosa logicamente seguiva le sorti politiche della città, cosicché spesso predominava, anche su tutto il paese, a volte invece era asservita ai voleri del vincitore. Particolarmente temuta era la distruzione del simulacro sacro, o il furto della statua che veniva portata in esilio dal nemico.

Secondo il credo Sumero, gli dei avrebbero creato gli umani dall'argilla, per usarli come servitori. Spesso gli dei esprimevano la loro ira e frustrazione nei terremoti: l'essenza della religione Sumera era sottolineare che tutta l'umanità stava alla mercé degli dei.

I Sumeri credevano che l'universo consistesse in un disco piatto racchiuso in una cupola. L'aldilà significava la discesa in un vile mondo inferiore, per passare l'eternità in una miserabile esistenza come un fantasma (Gidim).

I templi sumeri erano costituiti da una navata centrale con corridoi ai lati. A fianco dei corridoi c'erano le stanze dei sacerdoti, alla fine di uno dei due c'era un palco e una tavola di argilla per i sacrifici animali e vegetali. I granai e i magazzino si trovavano solitamente vicino ai templi. Dopo un certo periodo, i Sumeri cominciarono a piazzare i templi sopra colline artificiali, terrazzate e a più strati: le ziggurat.

Fortunatamente, oggi conosciamo gli aborigeni australiani, vissuti per almeno 50.000 anni isolati dagli altri continenti, e che non hanno quindi subito l’evoluzione dei concetti religiosi degli altri popoli della terra. E’ infatti molto probabile che, essendo la religione sumera molto strutturata, questa discenda da tradizioni orali o archetipe inconscie risalenti ad almeno 12.000 (o più) anni prima dell’avvento della scrittura. Tale tradizione orale (e/o archetipa inconscia) ha poi interessato tutte le altre religioni della terra (Induismo, Buddismo, Taoismo, Magia Egiziana, Ebraismo, Mitologia greca (da cui discende anche la filosofia greca), etc.. L’Australia è l’unico lembo di terra oggi sul Pianeta, nel quale i reperti archeologici e soprattutto le opere d’arte, permettono di ricostruire 50.000 anni di storia di popoli cacciatori-raccoglitori dell’età della Pietra, e nel quale persistono ancora tradizioni orali che confortano tali ritrovamenti con testimonianze dirette dei loro contenuti concettuali. Ad esempio, questo popolo non ha il concetto di Dio e nemmeno quello della proprietà (sono loro che appartengono alla terra dove vivono, e non viceversa). Vedi http://www.psicoanalisi.it/psicoanalisi/osservatorio/articoli/osserva40.html

Un caro saluto

Alessandra