sabato 5 dicembre 2009

La libertà



Sono una studentessa liceale. Studiando il filosofo Schopenhauer, mi sono sorti molti dubbi sulla libertà.
La visione pessimistica di Schopenhauer ritiene che l'uomo sia privo di libertà, di libero arbitrio. L'uomo infatti, secondo Schopenhauer, non è libero poiché è sottoposto ad un impulso, alla cosiddetta volontà di vivere che lo induce ad agire e a vivere. In questo senso l'uomo non risulta padrone delle proprie scelte, ma un semplice burattino i cui fili sono comandati da una volontà inconscia, unica ed eterna.
Eppure io sono cristiana, e senza libertà anche il peccato non avrebbe senso. Cosa mi può dire in merito?

Flora


Cara Flora,
il problema della libertà e del libero arbitrio è stato nei secoli molto dibattuto e controverso, per cui per dare una risposta adeguata, segnalerò alcuni LINK che è conveniente consultare.

Dal post di VERITA’ A CONFRONTO del 17 Maggio 2009:
http://nuoveteorie.blogspot.com/2009/05/altri-importanti-tasselli-per-la-tesi.html
"Ricordiamo la facoltà di ASTRAZIONE di alcune scimmie, qualità che prima si riteneva un'esclusiva del genere umano. Il MACACO RHESUS è capace di valutare le occasioni perdute, dimostrando di fare pensieri del tipo: "avrei potuto, avrei dovuto, avrei voluto...". In questi primati, senso di colpa e rimorso sono forme di interiorizzazione che nascono dalla coscienza, o comunque dalla consapevolezza di sé e della realtà circostante. "Non si possono provare emozioni di questo tipo - spiega il prof. Angelo Tarabini, docente di Psicologia animale presso l’università di Parma- se non si è consapevoli delle proprie azioni, di aver commesso un errore o di non aver fatto la cosa giusta al momento giusto. Si tratta di una sensazione comune anche ai cani, e che caratterizza le specie animali emotivamente più vicine all'uomo, come le scimmie". I macachi rhesus vivono in colonie numerose, da 20 a 180 individui, organizzate secondo una struttura matriarcale, all'apice della quale si trova una femmina "alfa". Tartabini spiega che rimorso e rammarico, nel caso di questi animali, derivano generalmente dalla violazione di regole sociali, e la scimmia è infatti l'animale sociale per eccellenza. "Ogni comportamento improprio - conclude - viene percepito come estraneo al gruppo, e genera nell'animale la paura di venire escluso. E' da qui che nasce il senso di colpa".

Da un articolo su Mark Hauser del 29 Ottobre 2007:
http://www.mentelocale.it/festivaldellascienza/contenuti/index_html/id_contenuti_varint_19135
"Il concetto di bene e di male sono innati nella mente dell'uomo? Marc D. Hauser professore di Psicologia, Biologia Evolutiva e Antropologia Biologica alla Harvard University, è convinto che sia così. L'ipotesi di Hauser è decisamente rivoluzionaria rispetto ai pensatori del passato; e dice: «Vorrei dimostrare che le regole morali hanno una radice profonda e inconscia, una sorta di "grammatica morale universale" comune a tutti gli uomini. In pratica emozioni e ragionamenti sono successivi alla formulazione del giudizio morale».
Per provare questa teoria Hauser ha fatto ricorso a dilemmi artificiali presentati in un "Moral Sense Test", nel quale si chiede al soggetto intervistato di esprimere un giudizio su una situazione. Il test, concluso da oltre 250.000 individui provenienti da 120 nazioni, è accessibile su Internet (moral.wjh.harvard.edu) ed è analizzato in dettaglio sul più recente libro dello psicologo, "Menti morali" (Il Saggiatore, 2007). «Dai risultati si intuisce che il male come fine è ovviamente percepito peggiore di un male collaterale, e che il danno causato da un'azione o da contatto diretto è peggiore di quello causato da omissione e contatto indiretto."


La visione della scuola di pensiero di Riccardo Calantropio, a cui io aderisco, è in linea con quella di Hauser; anzi, è ancora più radicale ed illuminante.
Premetto che tale visione non accetta il determinismo, ma presuppone un universo (indipendentemente dall’esistenza di un creatore) che si evolve liberamente, ma con alcuni vincoli. Il primo vincolo è dato dai mattoni dell’universo (le stringhe) in un numero limitato e non infinito di tipi; e il secondo vincolo dal NON LOCALISMO della meccanica quantistica, per cui tutto l'universo e i 10 elevato a 500 universi paralleli (secondo la teoria M delle superstringhe) potrebbero essere tra di loro sincronizzati, ma in modo tale che noi non lo possiamo rilevare. Da qui, tutto è possibile, anche che FOSSE CERTO nel progetto intelligente di un eventuale DIO creatore che in un pianeta del nostro o di altri universi paralleli si evolvesse, prima o poi, un essere biologico dotato di ragione ed astrazione (ovvero, ad immagine e somiglianza di DIO, secondo il concetto biblico) e che avesse anche il libero arbitrio. Tale concetto è in accordo con la LEGGE DI GIOBBE originale. Vedi il mio POST: http://apiuvoci2.blogspot.com/2009/10/la-legge-di-giobbe.html

Dal un post del BLOG della mia scuola di pensiero:
http://nuoveteorie.blogspot.com/2009/04/il-male-e-il-bene-sono-una-conseguenza_03.html
"Si teorizza, in modo del tutto rivoluzionario, che l’attuale evoluzione dell’umanità tende all’altruismo sociale, come già succede per gli insetti sociali (api, formiche e termiti), indipendentemente da ogni visione religiosa. Da qui in contrapposizione da quanto teorizzato da Richard Dawkins nel suo libro “Il gene egoista”, il concetto di MALE (egoismo individuale) e BENE (altruismo sociale) sono alla base della genetica evolutiva. Viene portato a sostegno, tra l’altro il fenomeno dell’APOPTOSI (il suicidio altruistico cellulare), il fatto che anche noi esseri umani siamo una comunità di cellule che ha un obiettivo comune, e la scoperta del gene della generosità AVPR1a, più sviluppato in alcuni soggetti e meno in altri. (Consiglio vivamente di leggere l’intero post, apprezzato da diversi studiosi contemporanei)."

Una logica conseguenza è il fatto che gli esseri umani, anche se geneticamente al 50% sono più o meno altruisti od egoisti, hanno un’autocoscienza che li porta a scegliere tra due input inconsci contrapposti, uno di tipo egoistico ed uno di tipo altruistico. Da qui il libero arbitrio che non esiste negli altri animali, tranne in rari casi, e del tutto limitato. Negli insetti sociali, invece, avendo completato questa parte del processo evolutivo altruistico, cessa la libertà di scelta e tutto è dettato dall'inconscio.
Infine, le preghiere riescono a modificare anche il futuro progettato. E da questa concezione ha senso anche il peccato, in accordo con il cristianesimo.

Dunque, ESISTE nell’uomo il LIBERO ARBITRIO, come anche in alcuni animali superiori che hanno una forma di autocoscienza. Un indizio è il SENSO DI COLPA e IL RIMORSO delle proprie azioni, che se per le scimmie può essere di natura controversa perché può sembrare dovuto alla scelta egoistica di non essere esclusi dal gruppo, nei cani sembra più difficile teorizzare una scelta egoistica, ma più verosimilmente di amore e di fedeltà all’uomo.

Nell’uomo, Hauser identifica una morale universale, preesistente alla morale indotta da religioni e filosofie (che in ogni caso hanno anche il loro peso nelle scelte), mentre la mia scuola di pensiero, più che una morale (indipendentemente dai premi e dai castighi teorizzati da Martin Lutero), identifica degli INPUT inconsci di ALTRUISMO SOCIALE (dati dalle tendenza evolutiva in atto), che si contrappongono agli INPUT INCONSCI EGOISTICI della LIBIDO e della RIPRODUZIONE (teorizzati da Freud e da Dawkins). Tra i diversi input, di libido, di egoismo genetico, di altruismo sociale, di religione, di amore e di fedeltà, alla fine SUBENTRA IL LIBERO ARBITRIO, che limitatamente alle scelte alternative, decide secondo coscienza, quando le condizioni psicofisiche di equilibrio lo permettono.

Voglio concludere con un aspetto non trascurabile.
Le azioni altruistiche dettate dal libero arbitrio, per la teoria della RETE DEGLI INCONSCI, influiscono sugli inconsci e sulle coscienze degli altri, accelerando il processo genetico evolutivo verso l'altruismo sociale. Sotto questo aspetto, per i cristiani, trova giustificazione la venuta, UNA TANTUM, di Cristo (logos di DIO), con il suo MESSAGGIO EVANGELICO, per ACCELERARE il processo evolutivo già in atto.

Un caro saluto
Alessandra

4 commenti:

  1. Voglio precisare che il LIBERO ARBITRIO non dipende solo dalla ragione, ma anche dalle nostre emozioni, percezioni ed INTUITO (non razionale).
    Riporto a tal fine un articolo:
    http://www.ilgiornale.it/cultura/non_pensateci_sopra/libri/02-07-2009/articolo-id=363230-page=0-comments=1

    «Cogito ergo sum». Così diceva il razionalista Cartesio. O meglio, il filosofo francese diceva moltissime altre cose ma la cultura occidentale, che dai tempi di Platone si è fatta vanto e scudo dell’invincibilità del ragionamento, ha voluto riconoscere in questo breve assunto anche il miglior ri-assunto possibile della quidditas umana: il pensiero che pensa se stesso, il pensiero che si fa ragione. Tant’è che quando il cristianesimo si è avvicinato all’Occidente, l’evangelista Giovanni trovò una «formula che fosse accattivante per i gentili amanti del rigore platonico: «All’inizio era il Logos (che è verbo/ragione) e il Logos era presso Dio... ».

    Ed è pur vero che poeti romantici e pittori senza un orecchio rivendicano, da secoli, i limiti della ragione che ragiona e basta, urlando dalle tele e dai versi i diritti dell’intuizione folgorante, di quella parte di cervello che non capisce ma «sa» le cose.

    Bene, ormai le neuroscienze hanno deciso di dare una solida mano ai sostenitori degli istinti animali, delle ragioni del cuore, degli inspiegabili lampi di intuito. L’ultimo aiuto arriva proprio ora da Come decidiamo di Jonathan Lehrer (Codice, pagg. 246, euro 24, trad. di Susanna Bourlot). Lehrer, che è stato anche allievo del più noto dei neuroscienziati, il nobel Eric Kandel, va a colpire uno dei capisaldi dei pasdaran del pensiero razionale: la capacità di decidere. Perché il fatto che il «pensarci su», porti sempre alla decisione giusta è una specie di monolite della vulgata razionalista. Tutto l’opposto del consiglio zen del maestro del bushido giapponese, Yamamoto Tsunetomo, che suona più o meno così: «Qualsiasi decisione, anche la più importante, va presa nello spazio di sette respiri».

    Lehrer dimostra, anzi, che le decisioni vengono prese dal cervello in molto meno che sette respiri e con meccanismi che passano dall’emozione, dalla sfera dell’Es, quella che con la ragione, come la intendiamo di norma, ha ben poco a che fare.

    (SEGUE)

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  2. (CONTINUA)
    Qualche esempio di quelli che Lehrer, uno scienziato che ama maneggiare fatti concreti, usa nel suo libro. Uno degli uomini che ha cambiato i destini della prima guerra del golfo è stato il capitano di corvetta Michael Riley. Nella notte del 24 febbraio 1991 stava osservando lo schermo radar di un cacciatorpediniere inglese, uno schermo, tra l’altro, mal funzionante (il sistema di indicatore di quota era fuori uso). Ad un certo punto, scusate il gioco di parole, vede un puntino diretto verso la corazzata americana Missouri. Si muoveva su una rotta percorsa dai caccia alleati A-6 alla stessa velocità degli A-6. Gli A-6 avrebbero dovuto avere il trasponder acceso, ma ai piloti il trasponder non piaceva: temevano che gli iracheni ne intercettassero il segnale. Riley non aveva nessun motivo razionale per pensare che quella lucina sul radar fosse qualcosa di diverso da uno dei tanti A-6 che aveva già visto passare. Eppure fu colto da un fortissimo senso di allarme, nella sua testa echeggiava la parola «missile». Dopo una trentina di secondi di dubbio fece aprire il fuoco dalla sua nave contro il bersaglio. Poi rimase per sei ore a chiedersi se avesse abbattuto un pilota americano o davvero un missile. Tutti gli altri uomini radar si affannarono sui tracciati per capire se il segnale dell’oggetto abbattuto avesse qualche particolarità: nessuna. Eppure dopo una notte infinita il responso fu chiarissimo: Riley aveva abbattuto un missile iracheno Silkworm, senza di lui l’equipaggio della Missouri avrebbe avuto guai mortali. Il caso ovviamente è stato uno dei più studiati dagli psicologi militari. Hanno rivisto la registrazione del radar per centinaia di volte. Alla fine, pensa che ti ripensa, hanno trovato la soluzione. Rispetto agli A-6, per questioni di quota, il missile appariva sullo schermo a una distanza dalla costa leggermente superiore a quella degli A-6. Quasi irrilevabile a occhio nudo. Questo dettaglio, assolutamente impercettibile, a livello razionale ha allertato i sensi di Riley sino a fargli lanciare (a ragione) un missile.



    Un caso limite? Lehrer cita gli studi dello psichiatra Antonio Damasio, che si è a lungo occupato di pazienti che hanno riportato danni a zone del cervello correlate alle emozioni. Persone, insomma, che hanno un quoziente intellettivo sanissimo ma, ormai, prive di sfera sentimentale. Tecnicamente, dovrebbero essere delle specie di computer che nel decidere, soprattutto sotto stress, non ne sbagliano una. Risultato pratico? Non riescono a cavarsela, perdono ore per controllare il dettaglio più banale. Con buona pace degli illuministi e dei positivisti: decidere è emozionarsi, magari controllare l’emozione e direzionarla, non esserne privi. Per usare le parole di Lehrer: «Ci vuole molto tempo per progettare un cervello... i talenti razionali dell’uomo rispetto al resto sono recentissimi... presentano gli stessi limiti di qualsiasi nuova tecnologia: hanno un sacco di difetti di progettazione e virus dei programmi... Invece il cervello emotivo è stato meravigliosamente rifinito dall’evoluzione nelle ultime centinaia di migliaia di anni».

    È questa sfera emotiva che consente ai piloti d’aereo di utilizzare l’esperienza e il ragionamento fidando però in quell’istinto che li salva dai disastri, è questa intelligenza che consente al lanciatore di una squadra di football americano o al regista di una squadra di calcio di azzeccare il passaggio. Ma è sempre questa intelligenza, istantanea, che fa prendere le decisioni giuste a un regista di soap opera o a un direttore di giornale (Lehrer documenta caso per caso). C’è però anche il rovescio della medaglia, e forse è per questo che ci aggrappiamo all’illusione del razionale. Quando l’istinto sbaglia, sbaglia di brutto. E questo sbaglio ci fa sentire traditi. Solo allora invochiamo la ragione, poverina.

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  3. Buongiorno Alessandra. Sto leggendo con attenzione i post e mi sono soffermato in particolare su questo concetto: "nei cani sembra più difficile teorizzare una scelta egoistica, ma più verosimilmente di amore e di fedeltà all’uomo."
    Da anni studio i cani ed il loro comportamento, e mi relaziono quotidianamente con loro. Da esperienze dirette mi sento di poter affermare che i cani "ragionano" esclusivamente in termini utilitaristici. Attribuire al cane sentimenti profondi e prettamente umani,quali l'amore e la fedeltà è profondamente sbagliato. Approcciando al "diverso" è facile sfociare nell'antropocentrismo e incorrere nell'errore di "leggere" i comportamenti con le "lenti" proprie dell'essere umano, per poi paragonarli ai propri. Per fare un esempio un cane che si fa morire sulla tomba del padrone viene esaltato coe atto di amore assoluto e fedeltà incondizionate. Nella realtà invece il cane si è lasciato morire sulla tomba del padrone perchè quest'ultimo ha creato un vero e proprio rapporto di dipendenza ( patologica) che ha impedito al cane di esere autosufficiente. Basandoci sull'etologia, non vi sono testimonianze che in un branco di lupi, animali quanto più vicini al cane, un soggetto "beta" si lasci morire di fame alla dipartita del soggetto "alfa". Quello che viene letto come "amore" del cane nei confronti del "padrone" non è altro che uno dei sintomi di una patologia comportamentale. La realtà delle cose sta in questi termini: io ed il mio cane non mangiamo da una settimana. Trovo una bistecca. Mentre l'uomo pensa:"Finalmente si mangia...e ne do un pezzo anche al mio cane!...il cane l'ha già digerita, con buona pace per il suo "proprietario". Molto poco filosofico, ma molto reale. Egoismo? Altruismo? Amore? Fedeltà? Mah...io ci andrei molto cauto.
    Grazie dell'ospitalità
    Guido

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  4. Caro Guido,
    premetto che le idee espresse non sono solo mie, ma di illustri studiosi di neuroscienze e psicosomatica (materie che sarebbe bene approfondire prima di esprimere giudizi in questo campo); ad esempio, come dice Antonio Damasio, emozioni e sentimenti NON SONO QUALITA’ PRETTAMENTE UMANE, ma li condividiamo con MOLTI ANIMALI SUPERIORI; e non vedo per quale ragione scientifica gli esseri umani dovrebbero essere del tutto diversi dai loro antenati biologici, e non essere frutto di un processo evolutivo. L'altruismo sociale, ad esempio, è già sperimentato con SUCCESSO dagli insetti sociali da centinaia di milioni di anni (ad esempio le formiche, hanno avuto un successo tale da rappresentare oggi il 10% delle biomasse animali, e il 50% delle biomasse di tutti gli insetti). Il senso del male e del bene e il rimorso sono presenti in alcune scimmie. Nel nostro caso particolare l’autore voleva sottolineare che l’AMORE e la FEDELTA’ del tutto naturali e diffusi tra individui della stessa specie, si erano sviluppati anche nei cani verso l’uomo. Ora, secondo te, nei cani non può essere presente il sentimento di amore e fedeltà verso l'uomo? ..... Vi è un motivo biologico o neuroscientifico che lo impedisce? ...... Non penso proprio; anzi per quanto ne sappiamo nei cani certe sinapsi (da cui derivano i comportamenti emotivi e sentimentali) possono essere il frutto ereditario (vedi studi di Eric Kandel sulla lumaca Aplysia) di una lenta evoluzione di familiarità con l'uomo. Detto questo ognuno può leggere le proprie esperienze secondo la sua cultura e i suoi preconcetti.

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