sabato 20 marzo 2010

Effetto PLACEBO, autoguarigioni e GENE P21




Mia mamma si è ritrovata di fronte ad una delle più gravi malattie del nostro secolo: il tumore; però invece di abbattersi e di piangere su se stessa ha tirato fuori una grande (apparente, dal mio punto di vista) serenità; forza, coraggio e voglia di vivere. In questo modo abbiamo superato tre operazioni e mesi e mesi di chemioterapia in maniera assolutamente normale. La domanda che mi pongo adesso è: perché voglio portare all'esame un tema così profondo e difficile e quindi ricordare questo momento da dimenticare anziché lasciare tutto alle spalle?
Sonia


Cara Sonia,
da tempo, è noto che esiste l’effetto placebo. Per effetto placebo si intende una serie di reazioni dell'organismo ad una terapia, non derivanti dai principi attivi insiti dalla terapia stessa, ma dalle attese dell'individuo. In altre parole, l'effetto placebo è una conseguenza del fatto che il paziente, specie se favorevolmente condizionato dai benefici di un trattamento precedente, si aspetta o crede che la terapia funzioni, indipendentemente dalla sua efficacia "specifica". L'effetto placebo contribuisce non poco anche all'efficacia di una terapia specificamente attiva. L'effetto placebo è fortemente influenzato da una serie di variabili soggettive quali la personalità e l'atteggiamento del medico (iatroplacebogenesi) nonché le aspettative del paziente.
Il meccanismo alla base dell'effetto placebo è "psicosomatico" nel senso che il sistema nervoso, in risposta al significato pieno di attese dato alla terapia placebica prescrittagli, induce modificazioni neurovegetative e produce una serie numerosa di endorfine, ormoni, mediatori, capaci di modificare la sua percezione del dolore, i suoi equilibri ormonali, la sua risposta cardiovascolare e la sua reazione immunitaria.
Ci sono al riguardo posizioni più radicali negative e altre più conciliative, secondo le quali l'uso del placebo è ammissibile anche in questo caso, ma condicio sine qua non è che: 1) i soggetti avviati a trattamento con placebo abbiano dato ad hoc un consenso libero e adeguatamente informato e 2) che la non erogazione di un trattamento efficace già disponibile non comporti comunque pericoli o conseguenze gravi.
È tuttavia plausibile sostenere che nell'effetto placebo entrino in gioco molteplici fattori, tra questi:
• fattori biologici (ad es. le endorfine che medierebbero l'effetto antalgico placebo)
• suggestione e l'autosuggestione
In definitiva, il placebo, sebbene mal definibile in termini di causazione, può essere inteso come un insieme di fattori extrafarmacologici capaci di indurre modificazioni dei processi, anche biologici, di guarigione intervenendo a livello del sistema psichico: non per nulla molti autori considerano quasi sinonimi i termini placebo e suggestione.

Proprio per quanto riguarda i tumori, vi sono infiniti casi di auto guarigione psicosomatica; per cui associare la medicina tradizionale e la chemioterapia a un ottimismo personale o ad una fede di guarire, è senza dubbio un ottimo metodo.
La verità è che noi CONOSCIAMO ANCORA MOLTO POCO LE POTENZIALITA’ DI AUTOGUARIGIONE DEL NOSTRO CORPO; e recentemente ne abbiamo avuto una prova sconvolgente, con la soluzione di UN MISTERO DELLA BIOLOGIA. Mi riferisco a un articolo di LE SCIENZE del 17 Marzo 2010:
E’ stato scoperto che nel gene p21 vi è il segreto della rigenerazione tissutale.

“Una ricerca durata oltre un decennio ha dato luogo a una scoperta fondamentale per la biologia: un gene che regola la rigenerazione dei tessuti nei mammiferi. L'assenza di questo singolo gene, denominato p21, conferisce ai topi ingegnerizzati una capacità ritenuta finora perduta nel corso dell'evoluzione, e riservata a organismi come vermi piatti, spugne e alcune specie di salamandre: la rigenerazione di tessuti danneggiati.
In un articolo ora pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences, i ricercatori del Wistar Institute riferiscono di come la mancanza di tale gene consenta ai topi di formare un blastema, una struttura associata a una crescita cellulare e a una differenziazione rapide, come si osserva negli anfibi. Secondo gli autori dello studio, la mancanza del gene induce le cellule a comportarsi in modo simile a cellule embrionali più che a cellule adulte, e fornisce la prova della correlazione tra rigenerazione tissutale e controllo della divisione cellulare.
"Proprio come un tritone che ha perso una zampa, questo topo è in grado di sostituire il tessuto mancante con tessuto sano senza alcun segno di cicatrice”, ha spiegato Ellen Heber-Katz, che ha coordinato lo studio. "Solo ora stiamo cominciando a comprendere le conseguenze di questi risultati: la speranza è quella di arrivare un giorno ad accelerare la guarigione dei tessuti negli esseri umani inattivando temporaneamente il gene p21.”
Heber-Katz e colleghi hanno utilizzato un topo con gene p21 knockout per cercare di risolvere un un mistero incontrato per la prima volta nel 1996 nel suo laboratorio, che riguarda un altro ceppo di topi. I topi MRL, oggetto di un esperimento sull'autoimmunità, venivano infatti marcati con un foro nell'orecchio. Poche settimane dopo i ricercatori notavano però che i fori scomparivano senza traccia. Ciò ha portato i ricercatori a porsi una questione: i topi MRL potevano essere un finestra di capacità rigenerativa tra i mammiferi?
Si è così scoperto che il gene p21, un regolatore dei ciclo cellulare, era virtualmente inattivo nelle cellule delle orecchie dei topo MRL. L'espressione del gene P21 è strettamente regolata dal soppressore tumorale p53, un altro regolatore della divisione cellulare in molte forme di cancro. L'esperimento finale era diretto a dimostrare che un topo mancante di p21 avrebbe avuto una risposta rigenerativa simile a quella osservata nel topo MRL, e così è stato.
"Nelle cellule normali, il gene p21 funziona come un freno, che blocca la progressione del ciclo cellulare nel caso di danno al DNA, impedendo alla cellula di dividersi e di diventare potenzialmente cancerosa”, ha commentato Heber-Katz. "In questo topo senza p21, abbiamo effettivamente osservato l'atteso incremento nel danno genomico, ma sorprendentemente non si è registrato alcun aumento di cancro”.
In effetti, i ricercatori hanno osservato nel topo MRL un aumento dell'apoptosi, il processo di morte programmata, che viene spesso attivata quando il DNA è stato danneggiato. Secondo, Heber-Katz, è proprio questo tipo di processo quello alla base della capacità rigenerativa.
"L'effetto combinato di un incremento di cellule altamente rigenerative e dell'apoptosi può permettere alle cellule di questi organismi di dividersi rapidamente senza andare fuori controllo e senza diventare cancerose", ha concluso Heber-Katz. "In effetti, è simile a ciò che si osserva negli embrioni dei mammiferi, in cui il gene p21 è inattivo in seguito a un danno al DNA. La regolazione del p21 promuove lo stato pluripotente indotto nelle cellule dei mammiferi, chiarendo una correlazione tra cellule staminali, rigenerazione tissutale e ciclo cellulare.”


Tutto questo potrebbe spiegare, in modo biologico, molte guarigioni ritenute miracolose, dovute a rigenerazione di tessuti (come ad esempio la scomparse delle stimmate in alcuni mistici) e casi inspiegabili secondo la medicina tradizionale. Basterebbe, ad esempio, che per questioni psicosomatiche inconsce, si blocchi temporaneamente il gene p21.

In conclusione, la forza di volontà di guarire, per fiducia personale o indotta dal medico (o anche per fede religiosa) è MOLTO SPESSO un valido AIUTO. L’errore sarebbe affidarsi solo alla psicosomatica, trascurando la medicina tradizionale, proprio perché non conosciamo ancora bene tutti i processi psicosomatici, influenzati da molti singoli fattori, spesso personali.

Ritornando, infine, al motivo del perché della tua lettera, non escludo che tu l’abbia fatta per altruismo; ovvero per dare un ennesimo esempio che “la serenità, la fede, la forza, il coraggio e voglia di vivere” sono tutti elementi psicosomatici che ci possono aiutare nelle gravi malattie.

Un caro saluto

Alessandra

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